sabato 11 dicembre 2010

Personalità europee di primo piano chiedono sanzioni a Israele se non blocca le colonie


Ventisei influenti e rispettate figure politiche europee, che hanno ricoperto incarichi di Governo nel corso dell'ultimo decennio hanno sottoscritto un appello nel quale si chiedono forti misure di pressione contro Israele in risposta alla continua espansione delle colonie illegali e degli insediamenti e al rifiuto di tenere in considerazione gli accordi sottoscritti e le più basilari norme di Diritto internazionale.
Prodi e Solana.
In una lettera inviata giovedì 9 dicempre alla leadership dell'Unione Europea e ai Governi dei 27 stati membri i firmatari, tra cui Javier Solana, Richard von Weizsacher, Felipe González, Romano Prodi e Mary Robinson dichiarano il loro sostegno per il riconoscimento immediato di uno Stato palestinese come alternativa ai negoziati del 'Processo di pace', ormai evidentemente arrivati a un punto morto.

Gonzalez e la Robinson.
Essi chiedono all'Unione Europea di trovare il coraggio e la determinazione a giocare un ruolo efficace e attivo in maniera autonoma e indipendente dagli Stati Uniti; per esempio chiarendo che le relazioni con Israele potrebbero essere congelate e persino interrotte, con l'applicazione di sanzioni, nel caso che lo Stato ebraico continuasse con la sua politica di espropri e demolizioni nei confronti della popolazione palestinese.

Gaza celebra il 23esimo anniversario di Hamas, nato durante la prima Intifada


Il Capo storico del movimento musulmano di resistenza Hamas, Mahmoud Zahar, ha espresso il proprio invito a tutte le fazioni palestinesi, inclusa Fatah, ad abbandonare "lo sterile e inutile approccio delle trattative con Israele" e a tornare attivamente alla Resistenza all'occupazione sionista. "La Resistenza protratta e continuata é l'unico sentiero da percorrere per la liberazione della Palestina", ha detto durante la grande manifestazione popolare tenutasi a Gaza per commemorare il 23esimo anniversario dell'organizzazione.

Hamas, fondata da Zahar insieme allo Sceicco Yassin ed ad Abd el-Aziz al-Rantisi (entrambi uccisi dai sionisti con vigliacche operazioni di assassinio) nacque nel 1987 nella Striscia di Gaza come reazione alle brutalità con cui Israele cercava di soffocare la prima insurrezione di massa Palestinese nei Territori occupati, l'Intifada,

"L'occupazione israeliana delle nostre terre é ingiusta, non ha scuse politiche o morali e come tutte le cose ingiuste é destinata a durare...essa non ha futuro!"; così l'ex-medico Zahar ha arringato una folla entusiasta, a stento trattenuta, nelle sue manifestazioni di affetto e quasi di devozione verso il fondatore di Hamas dal servizio d'ordine fornito dall'organizzazione stessa.

Zahar si é anche rivolto agli stati arabi confinanti ("Non vi chiediamo di scendere in lotta contro Israele come in passato, ma almeno smettete di custodire per suo conto i confini che ci stringono e ci affamano") e persino al popolo statunitense ("I Palestinesi non sono vostri nemici, cercate i vostri nemici in coloro che vogliono mandare i vostri soldati a morire per i loro interessi: in Irak come in Afghanistan oggi e domani forse in Somalia e in Sudan").

Aoun: "Il Libano é sulla soglia di una nuova era"


Il leader del Libero Movimento Patriottico, membro del Parlamento libanese, ex-Presidente del Libano ed ex-generale Michel Aoun ha dichiarato durante la scorsa giornata dell'8 dicembre che uno Stato che non riesca a mettere sotto processo dei rei conclamati di falsa testimonianza: "ha abdicato ai suoi poteri e alle sue prerogative".

"Forse che", ha chiesto al suo uditorio durante il tradizionale incontro settimanale dei capi del Movimento, "gli interessi di coloro che rendono falsa testimonianza devono essere raggiunti a scapito degli interessi comuni dei libanesi?".

"La soluzione del 'caso' delle false testimonianze (rese al Tribunale speciale per il Libano, che sta indagando sull'omicidio di Rafik Hariri) sta nel cambiamento di atteggiamento del Governo nazionale, nel cambiamento del suo approccio verso il Tribunale e nel cambiamento della sua linea di condotta politica, un cambiamento che si potrà avere solo con il cambio del Governo!".

Interrogato sulla questione delle interferenze e intercettazioni israeliane nella rete libanese di telecomunicazione Aoun ha ribadito come tale "affaire" meriti una risposta immediata e decisa, opzione sulla quale si riserva di intervenire nei prossimi giorni.

Per quanto riguarda i Servizi di Sicurezza interna del Libano, ampiamente coinvolti in entrambe le questioni, mai con un ruolo dignitoso o anche solo politicamente difendibile, l'ex-generale ha commentato: "I servizi di sicurezza interna sono stati costruiti su un tappeto di sbagli e soffrono di gravi storture e problematiche, non ultimo la sgradevole scoperta che esista una "cabala" legata ai partiti della coalizione del 14 marzo posizionata esattamente ai loro vertici".

A proposito del capo dei Servizi libanesi Ashraf Rifi: "Dovrebbe avere l'intelligenza di capire che, essendo il suo mandato garantito dalla Legge, dovrebbe rispettarla se non vuole essere considerato alla stregua di un comune gangster; la legge Penale non può arrestarsi davanti alla porta dei suoi uffici".

Aoun, concludendo, ha rammentato come, nonostante tutte le apparenti difficoltà e inocgnite che gli si parano davanti il Libano sia letteralmente "sulla soglia di una nuova alba e un nuovo inizio".

venerdì 10 dicembre 2010

"A diciannove anni sono stato rinchiuso ad Auschwitz, oggi lotto per i diritti della Palestina"


"Avevo nove anni quando Adolf Hitler salì al potere in Germania ... sono stato rinchiuso ad Auschwitz quattordici mesi e ho imparato molte cose sulle dottrine degli Stati fascisti...
 

...la più grande lezione che mi insegnò quella tragedia fu che chiunque appartenesse al popolo ebraico non avrebbe mai, mai dovuto ripetere, su altri, i comportamenti che i nazisti scatenarono contro di noi..
...quello che sta accadendo oggi in Israele, nei confronti dei Palestinesi, é l'esatto opposto, l'esatto opposto di quel che ho imparato ad Auschwitz! Ovviamente a ruoli rovesciati...i Palestinesi sono trattati come pidocchi, come subumani...ci si riferisce a loro, con parole, che ho sentito pronunciare dal Capo di Stato Maggiore dell'esercito israeliano...che li chiamava 'crescite cancerose'...questo é esattamente lo stesso linguaggio che usavano verso di me i nazisti, quando ero bambino e Hitler era al potere...

...quando i nazisti sterminarono gli Ebrei nelle camere a gas, il mondo restò in silenzio...ed è in silenzio anche adesso che gli Ebrei israeliani perseguitano, umiliano i Palestinesi ed espropriano e rubano la loro terra...io voglio svegliare il mondo, perché ogni critica alle disumane e ignorbili e razziste politiche di Israele contro i Palestinesi e soffocato, é reso difficile dal terribile trucco, che per me, sopravvissuto dell'Olocausto, é un vero e proprio CRIMINE, messo in atto dalla propaganda israeliana e filoisraeliana, che postula che ogni critica a Israele sia antisemita...il mio principale compito, in questo scorcio finale della mia vita, é di mostrare che IO SONO EBREO E SONO CONTRO ISRAELE, perché quello che sta facendo Israele non é 'costruire uno Stato ebraico', ma anzi, devastare e distruggere l'eredità culturale ebraica e il grande contributo che il popolo Ebreo ha dato alla Storia e al progresso dell'Umanità".

Hajo Meyer, 86 anni, sopravvissuto ad Auschwitz e attivista filopalestinese.

Israele bombarda Gaza da terra e dal cielo...cosa stanno preparando i militari sionisti?


Mentre, ipnotizzati come il cobra dal pifferaio, i Governi occidentali vittime delle lobby e della propaganda sionista continuano a intonare il ritornello secondo cui "I Palestinesi devono cessare le loro violenze" (quali?), le famigerate "Forze armate più (im)morali del mondo", quelle israeliane, hanno rinnovato nella giornata di ieri le loro continue aggressioni contro la Striscia di Gaza, a quasi due anni dall'aver scatenato sullo stesso territorio la più violenta campagna di terrore militare contro vittime civili, che costò ben 1400 morti palestinesi innocenti.
Carri armati israeliani hanno aperto il fuoco su un distretto residenziale della parte meridionale della Striscia: una famiglia palestinese ha avuto salva la vita per puro miracolo quando due granate da 120mm hanno impattato contro la stanza da letto del loro appartamento, che per fortuna era vuota. Nelle foto rilevanti vediamo membri delle forze di sicurezza di Hamas recuperare i resti dei proiettili e valutare sommariamente i danni materiali subiti dalla casa.

Sempre nella parte Sud della Striscia cacciabombardieri F-16 di produzione americana (che Obama coi suoi 'incentivi' é ansioso di sostituire coi più sofisticati e costosi F-35) hanno lanciato razzi e missili contro Khan Younis, distruggendo un allevamento di pollame (per 'irrigidire' un po' la "dietra" a cui i panciuti generali di Tsahal costringono da quattro anni la popolazione della Striscia) e cercando di colpire la zona dei tunnel da cui contrabbandieri e mercanti fanno affluire a Gaza merci "proibite" dall'asfissiante assedio israeliano.












 

Ennesima demolizione di case Palestinesi in Cisgiordania...Fatah cosa fa?

Bulldozer israeliani sono penetrati nel villaggio palestinese di Beit Furik, a Est di Nablus durante la giornata dell'8 dicembre e hanno raso al suolo case, baracche, tende, devastato terreni agricoli e orticoli e distrutto una scuola a Khirbet Tana.

Il Municipio di Beit Furik ha denunciato l'accaduto come l'ennesimo esempio di persecuzione e angheria ai danni del popolo Palestinese, secondo un noto copione che vorrebbe esasperare gli abitanti dei territori cisgiordani concupiti da Israele e dai coloni ultraortodossi fino al punto di costringerli a emigrare, lasciando le zone in questione libere per l'annessione e l'occupazione ebraica.

Hatef Hanani, sindaco di Beit Furik, dichiara: "Questa é la terza volta che l'Occupazione sionista ha attaccato le nostre case e reso senzatetto i loro abitanti; aggressione tanto più grave perché avviene alle porte dell'inverno". Testimoni oculari hanno raccontato di aver visto i primi mezzi cingolati avvicinarsi al villaggio nelle prime ore del mattino accompagnati da un grande numero di soldati dell'esercito sionista.

La scuola demolita era stata costruita circa un decennio fa dall'Autorità nazionale palestinese.

A poca distanza dalle zone aggredite e devastate si trova l'insediamento ebraico illegale di Makhora, costruito nel 1969 sulla terra sottratta ai Palestinesi in seguito all'aggressione a tradimento israeliana del 1967; siamo certi che, dietro le mura di separazione e le barriere che segregano le strade riservate al "popolo eletto" siano in molti coloro che si sono leccati le labbra e scambiati pacche sulle spalle e sghignazzate vedendo i Caterpillar corazzati di Tsahal che demolivano tende e baracche di famiglie rese già ripetutamente profughe.

Middle East Monitor: "Ecco le principali leggi razziste vigenti in Israele"


Fin dalla sua costituzione lo Stato ebraico di Israele é stato guidato da leader che hanno cercato di rendere la vita scomoda, dura, se non impossibile agli "indesiderati" occupanti originari, i Palestinesi, visti, secondo la lente deformante ed esclusivista dell'ideologia sionista, come "corpi estranei" da allontanare o, in caso di loro ostinazione, da distruggere con ogni mezzo. L'obiettivo finale, ovviamente, era la costruzione di uno Stato monoetnico "razzialmente puro" secondo le convinzioni dei sionisti originari, borghesi europei appartenenti alle classi sfruttatrici, intrisi di "miti" modellati nello stampo dei Gobineau e dei Chamberlain, ai cui pozzi infetti si abbeverarono anche i sostenitori della "purezza turca" che perseguitarono e sterminarono gli Armeni, nonché, ovviamente, gli ideologi nazisti.

Il risultato, parzialmente raggiunto ma sempre più perfezionato e ininterrottamente perseguito per tutti gli ultimi 62 anni, é stata quella che lo storico Ilan Pappe ha definito: "La pulizia etnica della Palestina", processo illegale e immorale che ha avuto inizio con l'espulsione coatta di oltre 750.000 Palestinesi (più probabilmente un milione), cacciati da oltre 540 cittadine e villaggi presi d'assalto dalle milizie sioniste e da gruppi di Ebrei armati decisi a sradicare gli Arabi dalla terra che avevano sempre occupato.

La coscienza di questo crimine paligenetico, di questo irredimibile 'peccato originale' manda i sionisti in una frenesia di autoassoluzione ed autocommiserazione, motivo per cui sentono il bisogno costante di "recitare" la parte delle vittime, soprattutto di fronte agli Europei e agli Americani. Ma il crimine originario di Israele é sempre lì. e rode le coscienze sioniste come l'immaginario sangue che macchiava le mani della rea Lady Macbeth: anche nel momento in cui essi roteano gli occhi al cielo e lamentano "gli attacchi coi razzi" contro la cittadina di Sderot si può cogliere il colpevole sguardo che gettano dietro le loro spalle, in direzione delle rovine del villaggio palestinese di Najd, da loro distrutto per "fare posto" all'attuale abitato.

Come se queste violente espulsioni ed espropri non bastassero, i Governi israeliani si sono poi sbizzarriti in una sequela di provvedimenti illegittimi, razzisti, segregazionisti, liberticidi, che hanno precedenti solo nelle istituzioni del Sudafrica dell'Apartheid, della Rhodesia di Ian Smith e, ovviamente, nelle Leggi di Norimberga del III Reich; il documento che trovate in download al link sottostante, elaborato dal think tank MEMO - Middle East MOnitor riassume in cinque facciate le principali angherie e ingiustizie che un Arabo musulmano o cristiano si trova ad affrontare quotidianamente, vivendo sotto il regime dell'Apartheid di Tel Aviv.

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giovedì 9 dicembre 2010

Il convoglio asiatico di aiuti per Gaza fa tappa a Teheran

Il convoglio di aiuto per la Striscia di Gaza organizzato dal coordinamento di ONG e movimenti pacifisti e filopalestinesi asiatico "Asian people's Solidarity for Palestine" (o "Asia to Gaza") ha fatto oggi tappa a Teheran, capitale della Repubblica Iraniana; ed é proprio dall'Iran che la carovana solidale proseguirà verso il suo obiettivo, la Palestina, che sarà dapprima avvicinata via terra, attraverso la Turchia e la Siria e poi finalmente raggiunta via mare con una traversata nel Mediterraneo orientale.
Oltre cinquecento attivisti asiatici accompagneranno gli aiuti medicinali e alimentari che intendono portare un primo sollievo alla popolazione civile di Gaza, martoriata dalla penuria imposta dai satolli generali sionisti a due anni dal trauma del violentissimo attacco militare israeliano contro la Striscia. I componenti della carovana solidale vengono da India, Giappone, Iran, Pachistan, Indonesia Malesia, Qatar e Cina: alcuni sono legati ai Palestinesi dalla comune etnia araba. altri dalla religione musulmana, altri ancora solo dai decenti e naturali sentimenti di umana "pietas".
"Asia to Gaza" coordina 125 organizzazioni fra cui si contano non poche ONG ebraiche vivamente e fermamente opposte alla condotta coloniale e piratesca del Governo israeliano nei confronti del popolo palestinese e di quanti esprimono solidarietà e vicinanza con esso. Lungo tutta la propria marcia di avvicinamento alla Striscia di Gaza il convoglio asiatico scandirà le proprie tappe con conferenze, incontri pubblici ed eventi culturali tesi a mobilizzare l'opinione pubblica contro il crudele assedio sionista che ha trasformato uno dei centri vitali della Cultura e della Storia di Palestina in un enorme campo di concentramento.

Dopo il rogo: le fiamme del Carmelo scoprono le scomode verità che Israele vorrebbe celare! (1)

Quattro giorni dopo che il primo ministro Benyamin Netanyahu aveva annunciato un piano per incarcerare in un lager migliaia di lavoratori stranieri immigrati in Israele perché "minacciano la natura della nazione", un albero in fiamme é caduto su un autobus pieno di allievi guardie carcerarie, uccidendone quaranta. L'albero, un resinoso pino nordeuropeo, era uno delle migliaia avvolte dalle fiamme nel più grande incendio boschivo della storia del paese, quello che ha colpito la zona del Monte Carmelo e che si é esteso fino a lambire le propaggini della grande città di Haifa, la terza metropoli di Israele.

Dopo avere ingolfato nelle sue spire roventi 12.300 acri di terreno, il rogo é stato domato, non prima però di essere riuscito a mettere a nudo una delle molte colpevoli ipocrisie su cui é costruito lo Stato israeliano. Perché le foreste consumate dall'incendio del Carmelo erano il frutto degli sforzi del JNF, il Fondo nazionale ebraico per "ricoprire" letteralmente, con una cortina verde, le rovine bruciate dei villaggi palestinesi distrutti.

I villaggi che non vennero demoliti sperimentarono una "trasfusione di abitanti", via gli arabi palestinesi che li avevano fondati, edificati, ampliati e riparati, dentro i coloni sionisti arrivati dai quattro angoli del mondo, animati dal "sacro fuoco" che li spingeva a conquistare e domare la famosa "terra senza popolo"...dopo la tragedia della Nakba.

Un villaggio che subì questo fato fu Ayn Hawd, abitato dai Palestinesi ininterrottamente dal 12esimo secolo in poi; prontamente ribattezzato dai nuovi occupanti ebrei col nome di Ein Hod.

Nel 1953 uno scultore di origine romena chiamato Marcel Janko convinse l'esercito più morale del mondo a desistere dal proposito di spianare Ayn Hawd coi bulldozer e a lasciare che vi venisse impiantata una "comune artistica", che attraesse facoltosi galleristi americani e turisti in cerca di un'aria "culturale" per le loro vacanze, mostrando quindi al mondo quanto avanzato e cosmpolita fosse lo Stato ebraico.

Le case di pietra vennero occupate da pittori, scultori e altri artisti, mentre la moschea venne trasformata in bar, di Ayn Hawd, come del maiale, non venne buttato niente. Oggi i turisti che entrano a Ein Hod vedono la "Coppia pudica in una scatola di sardine", una scultura di Benyamin Levy che venne svelata dal presidente Shimon Peres nel 2001, raffigurante un uomo in frac e una donna nuda posizionati all'interno di una scatoletta di sardine.

Tre urrà per l'avanzata e cosmopolita scena artistica israeliana.

Ma i Palestinesi, come i rimorsi e i cattivi pensieri, non sono spariti.

Tutt'altro, ci sono ancora, sono distanti tre chilometri, chiusi in un piccolo villaggio costruito dai loro nonni dopo la Nakba, un villaggio che era tagliato fuori dalla linea visuale di Ein Hod proprio dai filari di pini piantati dal Fondo ebraico, barriera verde per impedire che la concentrazione dei creativi bohemien israeliani venisse guastata dagli sguardi di dozzine di pupille palestinesi che li fissassero con la stessa intensità accusatoria del battito del "Cuore rivelatore" nell'omonimo racconto macabro.

Il villaggio palestinese ha ripreso il nome che contrassegnava l'attuale Ein Hod e, dal 1949 al 2005, non ha ricevuto da Israele acqua corrente, energia elettrica o alcuna misura di igiene urbana, anzi, gli israeliani negli anni '70 lo recintarono per prevenirne una "ulteriore crescita", si sa che gli israeliani sono molto attenti alla crescita dei loro insediamenti illegalmente costruiti su terra rubata, bene, altrettanto puntigliosi e precisi lo sono nel limitare e prevenire la crescita palestinese, soprattutto quella dei bambini che assassinano con metodo e lena, e a cui tagliano i viveri, come a Gaza, proprio nell'età dell'infanzia e dell'adolescenza, che sono appunto parte della fase di sviluppo e crescita di un essere umano.

Ma nel 2005 Ayn Hawd venne riconosciuto ufficialmente da Israele: poteva avere acqua, fogne, raccolta dei rifiuti e luce e corrente elettrica.

Chi ha detto che la vita dei Palestinesi in Israele é dura? Qualche comunista senza dubbio, qualche antisemita, qualche sfigato tremebondo ebreo pacifista che si auto-odia!

Magari é un pochino più dura per gli abitanti degli oltre quaranta villaggi di discendenti della Nakba che ancora non sono riconosciuti da Israele e che a sessantadue anni dall'esproprio delle loro case (o delle case dei padri, o dei nonni) vivono nelle condizioni in cui versava Ayn Hawd (II) fino al 2005; la maggior parte di questi villaggi "fantasma" sono nel Negev.

E qua entriamo in un territorio molto interessante, che esploreremo nella seconda parte di questo articolo...

Gerusalemme assaltata dai coloni sionisti: in arrivo ottocento abitazioni negli insediamenti illegali!!

Mappa con codici a colori che permette di seguire l'espansione continua del "quartiere ebraico" di Gerusalemme Est dal 1948 in poi: notare le macchie rosse degli edifici espropriati con la forza da coloni sionisti.

A pochi giorni dall'annuncio che gli occupanti israeliani di Gerusalemme programmano di aggiungere 652 unità abitative all'insediamento illegale di Pisgat Ze’ev, nella parte orientale della Città santa arriva la notizia che altre 130 unità verranno aggiunte all'insediamento illegale di Gilo. La politica israeliana di giudaizzazione forzata di una città che ha sempre fatto dell'universalità della sua immagine e della sua percezione parte integrante e fondamentale della sua Storia e del suo fascino continua quindi a tappe serrate...
Gilo
L'Ufficio nazionale per la Resistenza agli insediamenti, organo palestinese che cerca di arginare il devastante processo di espansione delle colonie ebraiche, abitate da nazionalisti fanatizzati e violenti, ha lanciato l'allarme per questa nuova violenta violazione dello spirito e della lettera di qualunque prospettiva di accordo israelo-palestinese, chiamando sostenitori e simpatizzanti della Causa palestinese all'ondata di violenze, espropri, incendi, persecuzioni e demolizioni che certamente prenderà il via per 'preparare il terreno' al programmato allargamento di Gilo e Pisgat Ze'ev.
Pisgat Ze'ev
Le forze di occupazione israeliane, inoltre, hanno distrutte tre abitazioni palestinesi a Gerusalemme e hanno impedito ai coltivatori delle cittadine di Beit Ula e Al-Khalil di raggiungere le proprie terre, demolendo due strutture adiacenti ad esse e confiscando un veicolo agricolo. Nel villaggio di Ma'sarah, vicino a Betlemme, i sionisti hanno notificato la prossima demolizione della moschea e di due case.
I sionisti pensano di "giudaizzare" prima o poi anche la maestosa Moschea di Al-Aqsa?
Un bambino palestinese di tre anni di nome Mohamed al-Masri é rimasto gravemente ferito da un'auto pilotata da un colono ebreo di Kiryat Arba, che lo ha investito allontanandosi a tutta velocità; l'atto di pirateria della strada si é consumato ad Est di Al-Khalil.

Un altro giorno di ordinaria violenza e apartheid nella Cisgiordania sotto la "tutela" di Fatah.

In Israele monta il razzismo: "Fatwa" rabbinica contro chi affitta agli arabi!

Shlomo Aviner, estensore del documento razzista, raffigurato a sinistra nella foto.
Dozzine di rabbini israeliani hanno emesso un comunicato in cui sconsigliano ai loro fedeli di vendere o affittare le loro proprietà immobiliari agli Arabi. Il documento ha valore Halachico, cioé é l'equivalente di una "Fatwa" per i seguaci della religione giudaica ed é stato diffuso tramite la Radio ufficiale dell'esercito israeliano, nella giornata di avantieri, martedì 7 dicembre.

"I vicini e i conoscenti di chi vende o affitta appartamenti ai non-Ebrei (quindi ai Musulmani, Cristiani, Drusi e aderenti di altre sette religiose presenti in Palestina) devono avvertirlo del suo "fallo", tenersi a distanza da lui e non condurre nessuna relazione o affare con lui, fino a che persisterà nella sua condotta"; così recita l'Halach dei rabbini, che come vediamo stabilisce immediate "sanzioni" contro chi si 'macchi' della grave colpa.

"Chi vende o affitta agli Arabi, causa il deprezzamento degli immobili di tutta la comunità circostante...chi permette questo deprezzamento causa una grande perdita ai suoi vicini e il suo peccato é molto grave"; a questo punto siamo confusi, non sappiamo più se stiamo leggendo un comunicato religioso o il promemoria di un'agenzia immobiliare che sconsigli di accettare locatari 'indesiderabili'.
Veduta aerea dell'insediamento illegale di Beit El, costruito interamente su terra Palestinese rubata.
Shlomo Aviner, rabbino capo dell'insediamento ebraico di Beit El, costruito su terra rubata ai Palestinesi presso la città cisgiordana di Ramallah, era fra i 50 sacerdoti giudaici firmatari dell'Halach. Esso si ricollega a quello emesso dai rabbini di Safed, la città di ultraortodossi che ha "dichiarato guerra" a un sopravvissuto della Shoah che ospita in un suo appartamento tre educati, onesti e decenti affittuari palestinesi.
Eli Tzvieli, sopravvissuto alla Shoah di 89 anni, viene perseguitato dai vicini perché affitta una stanza a tre studenti palestinesi.
Questi fatti denotano il crescente trend verso il razzismo e la discriminazione nella società israeliana, un trend che sicuramente trae linfa vitale e forza dal diffuso clima di impunità e spalleggiamento delle autorità ufficiali per i più intollerabili episodi di segregazione e apartheid.

Immaginate lo stesso evento in Europa, se 68 preti cattolici o pastori protestanti firmassero appelli ai fedeli per scoraggiarli dall'accettare inquilini ebrei!!! La reazione delle varie lobby dell'informazione e della politica sarebbe immediata e devastante, i sacerdoti sarebbero denunciati, si terrebbero conferenze, marce, tavole rotonde e sit-in di protesta.

Invece, se la stessa cosa succede in Israele contro Arabi...niente.

E' un po' ingiusto? O no????

Lo Sceicco Nahim Qassem dichiara: "Hezbollah non cederà mai, dica quel che vuole il Tribunale speciale!"

Prendendo la parola nella giornata di martedì 7 dicembre presso il Centro Sayyed Shouhada di Beirut Sud, nel corso delle cerimonie per il secondo giorno dei dieci che compongono la decade dell'importante ricorrenza sciita dell'Ashoura lo Sceicco Nahim Qassem, vice segretario generale di Hezbollah, ha espresso il convincimento che "i nostri avversari politici del fronte filo-israeliano e filo-imperialista hanno ormai imparato che, qualunque accusa, sospetto o insinuazione potrà venire dal cosiddetto 'tribunale speciale' che é stato apparecchiato e preparato da loro e dai loro padroni per gettare fango sul nostro movimento sarà rigettata e invalidata, non solo da noi, il che sarebbe ovvio e banale, ma da tutti i cittadini libanesi che hanno a cuore l'indipendenza e la libertà della loro Patria"

Lo Sceicco Qassem, tuttavia, non ha chiuso la porta alla possibilità di un accordo e di una cooperazione con le opposte forze politiche, purché essa avvenga nella cornice della preservazione degli interessi libanesi: "Questa forte dedizione alla Resistenza, anima le nostre menti, i nostri cuori e il nostro sangue. Coloro che vogliono spegnerla, cercheranno di farlo sradicandola dalle menti e dai cuori dei credenti, e questo purtroppo per loro non é possibile, Dio non lo permetterà. La Giustizia dovrà trionfare e noi non cesseremo mai di operare e lavorare per servirLa, accada quel che deve accadere".
L'ex-generale Aoun (sinistra) il Primo Ministro Sa'ad Hariri (centro-sinistra), il leader maronita Suleiman Frangieh (centro-destra) e il Presidente del Parlamento Nabih Berri (destra) sono solo alcuni dei leader politici libanesi che ultimamente hanno preso le distanze dal Tribunale speciale.
Un pronunciamento del Tribunale speciale per il Libano, l'organismo ibrido (di nomina ONU ma operante all'interno della giurisprudenza libanese), partorito da un raffazzonato accordo fra i desiderata di coloro che volevano trovare un capro espiatorio per l'omicidio di Rafik Hariri e le regole e le consuetudini di una seria indagine internazionale, é atteso a giorni, anche se ormai é dubbio quanta efficacia (se alcuna) possa avere, con tanta parte dell'opinione pubblica e della scena politica interna schierata apertamente contro di esso.

mercoledì 8 dicembre 2010

Ali Abunimah spiega l'impossibilità di qualunque "Soluzione a due Stati"



"Quando ero uno studente, nel 1986, la mia scuola mi portò, con i miei compagni di classe, a visitare Berlino, e ricordo con vividezza l'impressione che mi lasciò la vista del Muro che divideva in due la metropoli: il Checkpoint Charlie, le guardie armate dell'Est e dell'Ovest, la terra di nessuno al di là del muro. Fui molto colpito da quanto mi apparveradicato e inamovibile quel grande meccanismo di divisione e oppressione, eppure, tre anni dopo, quel Muro crollò. Il Muro di Berlino mi insegnò ad 'aspettarmi l'inaspettato', quindi, a chi oggi mi dice che Israele, con la sua lobby, con le sue armi, con i suoi media asserviti, con i suoi muri e le sue barriere di separazione, é 'troppo forte' perché gli sforzi miei e degli altri attivisti per i diritti e la libertà della Palestina possano fare una differenza io dico: 'aspettatevi l'inaspettato!'".

Così Ali Abunimah, scrittore e giornalista Palestino-americano, ha iniziato il suo intervento a una conferenza tenutasi recentemente a Berlino, durante la quale si é discusso della situazione attuale dei palestinesi in Israele, nei Territori occupati della Cisgiordania, nel Ghetto di Gaza e nella Diaspora internazionale. All'evento era presente anche lo storico Ilan Pappe e un vasto pubblico che allineava nei suoi ranghi commentatori e analisti politici, giornalisti, attivisti pro-palestinesi e moltissima gente comune. Durante il suo intervento Abunimah ha esposto la sua disillusione verso ogni ipotesi di ventilata "Soluzione a Due Stati".

Gli sforzi per costruire due Stati sul territorio storico della Palestina, uno per gli Arabi e uno per gli Ebrei, non hanno finora portato a nessun risultato, e ciò é solamente logico perché tali sforzi, per quanto nobilmente ispirati, partono da un assunto che falsifica la realtà: essi pretendono infatti di costruire una fittizia "parità" fra Arabi ed Ebrei, una parità che non esiste perché una parte ha occupato le terre dell'altra, una parte ha aggredito ripetutamnte l'altra, una parte scatena contro l'altra tutta la propria influenza politica e mediatica che é soprattutto forte con le più forti nazioni del mondo: gli Stati Uniti d'America e l'Europa Occidentale, una parte possiede un esercito addestratissimo e superarmato che usa senza ritegno o scrupolo morale, e non permetterà mai, mai, che l'altra parte si avvicini anche solo lontanamente ad avere un'organizzazione statale con pari dignità e potere di difendere la propria popolazione dagli abusi, dalle aggressioni e dalle angherie che ha subito ininterrottamente da oltre sessant'anni.
Caustico come sempre Latuff in questo cartoon dice una grande verità. Anche se esistesse uno Stato Palestinese sarebbe sempre ostaggio della potenza militare israeliana, che lo terrebbe costantemente sotto scacco.
Non si può raccontare la storia dell'Olocausto pretendendo che le SS e le vittime di Auschwitz fossero "parti in conflitto", "ognuna con le proprie ragioni", possiamo forse farlo? Sarebbe un'insulto alla Storia, un insulto alle vittime e una ingiustificabile glorificazione e assoluzione dei carnefici, giusto? E gli Stati Uniti e l'Europa pretendono di spiegare la questione palestinese, una questione di aggressione, occupazione, colonialismo e oppressione come "Conflitto israelo-palestinese"? Perché questo doppio standard?
Anche questo muro sembra inamovibile ed eterno...oggi.
Ma possiamo trovare una via d'uscita da questa palude, da questo labirinto di bugie, se ci volgiamo attorno a guardare a come é stato risolto il "conflitto" fra africani neri e i loro oppressori afrikaans che avevano imposto la segregazione e il razzismo dell'Apartheid, esattamente come oggi Israele impone la segregazione dei muri e delle barriere e dei posti di blocco e delle colonie illegali. Con la creazione cioé di uno Stato unico, dal Giordano al Mare Mediterraneo, che protegga e difenda tutte le etnie, tutte le culture, tutte le religioni, tutte le coscienze e le posizioni politiche sotto la regola della legge e della democrazia rappresentativa.

Al di fuori di questa cornice, di questa prospettiva, non c'é speranza di pace, né di giustizia.

Moubayed: "Le dichiarazioni di Abu Mazen? Ennesimo bluff di un vecchio baro!"


In Italia, dove personaggi come Alessandro Sallusti hanno la qualifica di giornalista, é difficile immaginare un panorama mediatico vivace e animato come quello mediorientale, dove il comune bacino linguistico arabo e i forti sentimenti di solidarietà e fratellanza che spesso travalicano frontiere e nazioni fanno sì che un fatto o una dichiarazione che siano avvenuti, mettiamo, in Egitto, hanno buona probabilità di essere commentati e analizzati tanto a Marrakech quanto a Bagdad, tanto a Beirut quanto a Dubai, attraverso dozzine di centinaia di chilometri e quasi altrettanti confini di stato.

E' quanto é successo, attraverso tutto il Nordafrica e il Vicino Oriente, con la recente dichiarazione dell'ex presidente dell'Anp (tuttora facente funzione) Mahmud Abbas, che aveva annunciato, qualora le "trattative di pace" con Israele non avessero fatto segnare progressi, la propria intenzione di sciogliere l'organo di autogoverno creato come "prodromo" alla dichiarazione del fantomatico "Stato palestinese".
In un suo articolo che abbiamo reperito sul sito Intifada Palestine lo storico e politologo siriano Sami Moubayed, autore fra gli altri suoi saggi della seminale biografia di Shukri al Quwatli e caporedattore della rivista "Forward" commenta la dichiarazione di Abbas liquidandola come una "boutade" e l'ennesimo bluff di un politico ormai in crisi di immagine e di idee.

"Ci sono molti fattori che spiegano le azioni e le dichiarazioni di Abbas. Uno é la permeante e profonda corruzione nei ranghi dell'Anp e della fazione Fatah che l'ha trasformata praticamente in una sua estensione; un altro é la montante crisi fra Abbas e Dahlan, punteggiata da segnali che quest'ultimo non ha intenzione di aspettare che la parabola politica di colui che si faceva chiamare Abu Mazen si esaurisca natauralmente per succedegli e sembra più che disposto a 'dare un mano' per estinguerla anzitempo; il terzo fattore, poi, é la mancata riconciliazione con Hamas, che indebolisce i Palestinesi e la loro Resistenza, ma rende anche estremamente impopolare Fatah e i suoi capi.

Abbas é perseguitato dall'inflessibilità israeliana sulla decisione di proseguire la costruzione e l'ampliamento degli insediamenti di Ebrei fondamentalisti sul territorio Cisgiordano, che scredita l'Anp e rende palese la sua sussidiarietà e la sua sottomissione a Netanyahu e alla sua cricca, ma bisogna sempre ricordare che l'Anp venne creata in base all'Accordo Gaza-Gerico (appendice degli Accordi di Oslo) come 'ponte' verso la dichiarazione di uno Stato palestinese, con un timeframe di cinque anni.

L'Anp, sopravvissuta oltre il triplo del tempo che le dava, in prospettiva, la cornice di accordo, in assenza di un clima costruttivo di dialogo con Israele, guidato oggi da una congrega di nazionalisti fascistoidi che ha in spregio l'idea stessa di un dialogo da pari a pari con qualunque rappresentante del popolo Palestinese, disposto tutt al più a lasciare a un ascaro del caso tipo Dahlan il compito di 'tenere in riga' gli arabi, sarebbe stata già sciolta, se alla sua testa vi fossero politici responsabili e degni del loro ruolo. Essendo stata letteralmente "dirottata" dalla dirigenza di Fatah in conseguenza del suo fallito tentativo di Colpo di Stato del 2007 essa continua formalmente a esistere, con un Presidente dal mandato scaduto da due anni (Abbas) che non ha nemmeno il coraggio di indire elezioni per rinnovare la propria carica; visto che é atterrito dall'idea di una bassissma affluenza alle urne nel caso che si presentasse come solo candidato o contro dei concorrenti-fantoccio e di venire sonorissimamente battuto se permettesse a degli indipendenti (magari legati a vario titolo ad Hamas) di schierarsi in lizza contro di lui.

Un Presidente che non riesce nemmeno a rinnovare la sua presidenza non avrà quindi il polso e la fermezza necessaria per distruggerla.