sabato 8 gennaio 2011

Militanti della Resistenza palestinese mettono in fuga aggressori israeliani


Un commando di militanti palestinesi ha teso un agguato a una colonna corazzata israeliana che stava violando il territorio della Striscia di Gaza a Est di Khan Younis, ferendo quattro degli attaccanti con una combinazione di armi automatiche e di tiri di mortaio.

L'emittente dello Stato sionista 'Canale 10' ha riportato che due militari israeliani sono stati trasferiti d'urgenza all'Ospedale Soroka nella zona occupata di Beer al-Sabaa con l'impiego di un elicottero, mentre gli altri due hanno ricevuto cure poco fuori dalla "fascia di sicurezza" una terra di nessuno arbitrariamente stabilita da Israele per meglio imporre lo strangolamento economico di Gaza.

Testimoni oculari di parte palestinese che hanno conferito con la stampa internazionale hanno dichiarato che lo scambio di fuoco fra i militanti e gli aggressori é durato oltre venti minuti e che al ritiro della forza attaccante l'unica perdita lamentata dai difensori era di un ferito lieve.

Almeno cinque cannonate sono state esplose dai carri armati presenti nella colonna israeliana; inoltre un razzo di qualche genere è stato lanciato contro la posizione di mortai. L'esercito israeliano ha rifiutato di commentare l'incidente ma, parlando in via ufficiosa, un graduato di Tsahal ha detto che le informazioni riguardo l'accaduto sono ancora incomplete e che finora il Comando preferisce glissare sull'incidente.

venerdì 7 gennaio 2011

Povero Dahlan! Abbas gli assesta un uno-due micidiale e lo manda al tappeto


Povero Mohammed Dahlan, voleva diventare "califfo al posto del califfo" ma, proprio come l'Iznogoud di Goscinny e Tabary, é andato incontro a una sconfitta dietro l'altra, poco dopo essere rientrato in Cisgiordania dopo la sua debacle egiziana (quando una sua conferenza stampa era stata totalmente disertata dai media locali, che voleva usare come "trampolino" per la scalata ai piani nobili di Fatah) si é trovato nientemeno che indagato con l'accusa di avere architettato un Colpo di Stato, non sarebbe nemmeno il primo, visto il suo ruolo preminente nel fallito "golpe" contro Hamas che si é risolto con la sua sconfitta e il crollo dell'influenza di Fatah a Gaza, ma questa volta le conseguenze potrebbero essere ancora peggiori.

Adesso, privato delle due sinecure che ufficialmente amministrava (nelle commissioni Comunicazione e Cultura dell'Anp) e con la sua tessera di Fatah sospesa "a divinis", Dahlan deve affrontare un'inchiesta interna che é stata commissionata direttamente dall'ex Presidente dell'Anp, facente funzione dal gennaio 2009 in assenza di regolari elezioni, sulla cui poltrona é sospettato di aver messo gli occhi, innescando una serie di manovre palesi, ma anche occulte, per riuscire ad accaparrarsela.

Sembra che l'azione intrapresa contro Dahlan non sia una mera minaccia per riportarlo nei ranghi, uno show per spaventarlo, visto che avrebbe compreso l'arresto in massa dei suoi collaboratori, di suoi ex-uomini di quando guidava le forze di sicurezza di Fatah e perfino di alcuni suoi dipendenti, dopo la cacciata da Gaza, infatti, Dahlan si era riciclato come palazzinaro, investendo nell'edilizia soldi di provenienza non esattamente chiarissima (come il 40% di 'tributo' che ritirava personalmente dal varco di confine di Karni).

Infatti, tra le iniziative ordinate contro di lui da Abbas/Abu Mazen comprenderebbe vi sarebbe anche un accertamento finanziario. Per meglio prevenire qualunque contraccolpo mediatico un'emittente televisiva ritenuta vicina a Dahlan e alcuni fogli della carta stampata sono stati chiusi per ordine ufficiale di Fatah.

I commentatori arabi più ottimisti vedono l'azione intrapresa da Abbas come un colpo vibrato al rappresentante più filoisraeliano del partito, che si vantava addirittura di avere un "piano sicuro per distruggere Hamas e riprendere Gaza", alcuni si spingono a prevedere che da questa mossa possa prendere il via una nuova stagione di riconciliazione con la Resistenza musulmana che amministra Gaza (di cui Dahlan, per ovvi motivi personali era nemico acerrimo) e quindi una dichiarazione unilaterale di indipendenza della Palestina, altri, più realistici o pessimisti, lo considerano soltanto il colpo di testa di un Presidente di fatto ma privo di carisma e di verve che, a 75 anni suonati, ha fatto fuori un leader più giovane che non ha nascosto con la dovuta cautela l'ambizione di succedergli.

L'Irak post-invasione, terreno ideale per la penetrazione turca, economica ma non solo


Pochi anni fa la Turchia aspettava spaurita e infreddolita sulla soglia dell'UE che i venticinque paesi europei (o almeno quei quattro o cinque che veramente prendono le decisioni a Bruxelles) si mettessero d'accordo per farla entrare. Poi é successo qualcosa, la Turchia si é resa conto di non aver bisogno di un posto da Cenerentola in Europa se poteva procurarsi da sé un posto da privilegiata fra Asia centrale e Vicino oriente.

Adesso, mentre i paesi europei si dibattono fra le spire di una crisi che non vuole sparire e di una ripresa che non si vuol far vedere, la Turchia si gode una crescita dell'economia del sei per cento annuo (6,8% nel 2010 appena trascorso), senza essere dovuta correre in soccorso di banche 'ballerine' e avendo assorbito ogni contraccolpo della crisi globale grazie soprattutto a un dinamico settore manifatturiero.

Uno dei mercati di riferimento per i prodotti turchi é l'Irak, che ne assorbe per oltre quattro miliardi e mezzo di Euro ogni anni, e dove i progetti e gli investimenti di Ankara si moltiplicano e si approfondiscono ogni giorno lungo un asse che va dal Nord curdo fino a Bassora e allo Shatt al-Arab nell'estremo Sud del paese. Mentre l'influenza politico-economica statunitense va progressivamente rarefacendosi con l'assottigliamento dei presidi militari e il progredire della smobilitazione sembra proprio che, dopo l'Iran, sia la Turchia il paese meglio posizionato per diventare uno dei principali partner di Bagdad.

Ovviamente Ankara esercita esclusivamente "soft power", non vuole essere una presenza sofferta o ingombrante per un vicino che sta appena uscendo da sette anni di occupazione militare e guerra civile, ma piuttosto un fornitore di merci, capitali, intrattenimento, cultura ed educazione, tutte cose di cui il popolo iracheno ha un immediato e profondo bisogno. Il 'leverage' turco inizia al varco di confine di Zakho, dove ogni giorno centinaia di camion passano attraverso i ventisei caselli carichi di materiali edili, tessili, mobilio, prodotti alimentari che poi vengono distribuiti lungo tutto il paese.

Dopo le merci, ovviamente, la grande sfida sta negli immobili e nelle infrastrutture, come confermano le parole di Aydin Selcen, console turco ad Irbil: "Vogliamo integrarci con l'Irak attraverso strade, ferrovie, aeroporti, oleodotti e gasdotti...presto non saranno solo le merci turche a scorrere verso sud, anche il petrolio e il gas iracheno scorreranno verso nord, assieme a lavoratori, idee, capitali, che andranno in entrambe le direzioni".

Neo-ottomanesimo sotto l'egida del partito musulmano centrista di Erdogan, che fin dal nome promette Giustizia e Sviluppo? Forse, ma nessuno lo ripete a voce troppo alta; piuttosto, negli occhi degli uomini d'affari e degli investitori turchi in Irak si può leggere la soddisfazione di stare provando con i fatti che una politica estera aggressiva e imperialista come quella americana degli ultimi dieci anni possa essere sconfitta giorno per giorno, un progetto alla volta, da persone che si presentano non come conquistatori ma come partner in affari e recano con sé, anziché un mitra spianato, la promessa di un guadagno reciproco.

Gli irakeni apprezzano e i rapporti crescono e si infittiscono.

La penetrazione non é soltanto economica, ma come accennato anche culturale: le voci di pop star turche escono dagli altoparlanti dei supermercati e dalle casse degli stereo, i serial televisivi venuti da nord come "Muhannad e Nour", "Amore Proibito", per non parlare di "Kurtlar Vadisi" sono popolarissimi, una organizzazione musulmana in Irak gestisce diciannove scuole di alto livello con oltre cinquemila studenti: arabi, curdi, turkmeni, la classe dirigente del futuro. Anche corteggiare la classe dirigente di oggi, naturalmente, aiuta, lo confermano i legami tra la diplomazia di Ankara e il partito di Erdogan e i rappresentanti del Blocco Sadrista, il movimento politico sciita guidato dal figlio dell'Ayatollah martirizzato dai sicari di Saddam; la maggior parte dei deputati sadristi eletti nel 2010 sono stati istruiti sulle intricatezze del lavoro parlamentare in appositi stage organizzati per loro ad Ankara e, lo scorso ottobre, i diplomatici turchi sono stati i soli rappresentanti stranieri a presenziare a una commemorazione dei martiri sadristi della Resistenza agli invasori tenutasi all'Università di Bagdad.

Nel Sud del paese, Bassora, la città che nel corso degli anni ottanta rischiò più di una volta di venire conquistata dai Pasdaran khomeinisti, e che subì in pieno gli effetti delle due guerre del 1991 e del 2003 non ha nemmeno iniziato a ricostruire e recuperare il retaggio della passata influenza turca (il grande quartiere ottomano), ma gode già dei benefici di quella presente: ogni giorno bastimenti turchi alla fonda le forniscono oltre 250 Megawatt di indispensabile energia elettrica, compagnie turche hanno costruito a tempo di record un centro fieristico all'avanguardia e hanno restaurato o ricostruito gli hotel come lo Sheraton, complemento essenziale all'economia di expo e saloni, adesso si stanno dando gli ultimi ritocchi a un moderno stadio da 65.000 posti mentre la compagnia di bandiera turca progetta di fare scalo all'aeroporto locale con quattro voli settimanali diretti da Istanbul.


Nelle parole del console turco Ozcoskun:"Bassora è un territorio vergine, chiunque sia abbastanza rapido da stabilire i primi contatti può garantirsi una posizione preminente per decenni" ed é chiaro, dalla luce che anima le sue pupille mentre pronuncia la frase, che nessuno é stato più rapido dei suoi compatrioti.

Il Primo Ministro Hanyieh riceve Ramsey Clark, giurista e attivista umanitario


Durante la sua recente visita alla Striscia di Gaza, Ramsey Clark, giurista che ricoprì la carica di Procuratore Generale degli Stati Uniti sotto la presidenza di Lyndon Johnson, famoso per la sua attività a favore del Movimento per i Diritti civili, si é incontrato col Primo Ministro palestinese Ismail Haniyeh, confrontandosi e discutendo con lui degli sviluppi nell'arena politica palestinese.

A seguito del suo incontro con Clark Haniyeh ha tenuto una conferenza stampa nella quale ha dichiarato che i temi trattati con l'ospite statunitense avevano compreso la condizione economica e sociale della Striscia e le possibilità di migliorarla attraverso una concertata operazione internazionale. "Credo profondamente che visite come quella resaci da Mr. Clark abbiano un grande significato politico, non solo per il nostro popolo, ma per l'intero pubblico internazionale; con la sua chiara fama Mr. Clark ci fa un grande onore quando esprime la sua completa solidarietà con le sofferenze del nostro popolo e con gli sforzi del Governo che ha scelto con libere e democratiche elezioni. I nostri obiettivi, come popolo e come esecutivo, sono libertà, indipendenza e uno stato sovrano e democratico con Gerusalemme come capitale".

Analizzando le possibilità di porre fine allo strangolamento economico di Gaza Hanyieh e Clark sono convenuti sull'opportunità di condurre nel ghetto palestinese assediato altre figure di fama e rilevanza internazionale, in modo da sensibilizzare sempre più l'opinione pubblica mondiale sulle condizioni in cui versano la striscia costiera e i suoi abitanti.

L'AIPAC terrorizzata dal "dossier proibito", l'asso nella manica di Steve Rosen


L'AIPAC, ricchissima e potentissima organizzazione che coistituisce il cuore della "lobby a sei punte" che manovra e dirige la politica statunitense a esclusivo vantaggio dello Stato ebraico, nel corso della sua disperata battaglia legale contro il suo ex-dirigente Stephen Rosen (che ha citato i suoi ex-datori di lavoro per oltre venti milioni di dollari) ha lanciato una contro-denuncia per sottrazione e possesso illecito di propri materiali interni, che Rosen evidentemente si era procurato costruendosi un "dossier incriminante" da usare come extrema ratio se i suoi rapporti con la lobby ebraica a stelle e strisce si fossero incrinati...come é puntualmente accaduto.

L'AIPAC é ansiosa di liquidare la denuncia di Rosen come la bizza vendicativa di un ex-dipendente licenziato, ma deve riuscirvi evitando che i materiali sensibili da quest'ultimo accumulati nel corso di oltre venti anni di militanza ricevano esposizione mediatica o giuridica e, se ciò dovesse accadere, che vengano ritenuti falsi o di credibilità dubbia; il perché é evidente...la loro diffusione potrebbe far "saltare" per sempre la copertura dell'AIPAC, rivelandola per quel che molti la sospettano di essere: un'estensione dei servizi segreti israeliani negli Stati Uniti, attivamente impegnata in operazioni di spionaggio nei confronti del cosiddetto "alleato".
Negli Stati Uniti nessun candidato presidenziale può sperare di vincere se non si inchina al Moloch della Lobby sionista...
Fra i "pezzi forti" della 'collezione Rosen', uno dei più temuti dall'AIPAC é un memorandum stilato dopo una cena di lavoro a cui intervenne il membro del Consiglio Nazionale di Sicurezza Lisa Johnson, dall'analisi del quale si evincerebbe che la pratica di accumulare notizie e dossier confidenziali del Governo Usa e passarli in toto a Israele era pratica comune dell'associazione; grazie a questa rivelazione Rosen assurgerebbe direttamente allo status di "whistleblower" e perciò avrebbe particolari benefici e protezioni dal Governo, anche se dovrebbe per sempre scordarsi qualunque corposo accordo monetario con l'AIPAC.

Rosen infatti "it's in for the money", se i suoi ex-colleghi fossero stati meno tirchi e avessero continuato a farlo foraggiare dai loro ricchi sponsor, probabilmente non avrebbe mai nemmeno sporto denuncia. Quindi la situazione é tesissima: Rosen tentenna ed esita, come l'uomo che tiene la sua vittima sotto il tiro di un revolver con un solo colpo, l'AIPAC tenta di distruggerne la credibilità con tattiche di logoramento e una campagna di fango e insinuazioni degna dei peggiori Feltri e Belpietro.

Rosen, d'altra parte, potrebbe anche denunciare l'AIPAC all'IRS, la potente agenzia delle entrate amaricana, guadagnandosi una "taglia" di cinque milioni di biglietti verdi e facendo crollare l'impostura che la qualifica come "opera caritatevole" garantendole la quasi totale esenzione fiscale. E' chiaro che finora la speranza di ottenere un premio più grande tramite la causa in corso o un accordo sottobanco con la lobby sionista lo ha trattenuto dal fare gesti estremi, ma la sua pazienza (e la sua ingordigia) sembrano essere giunte molto prossime al limite


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giovedì 6 gennaio 2011

Il Ministro della Guerra sionista vivacemente contestato all'Università di Tel Aviv


Grave imbarazzo per Ehud Barak, il politico sionista che da Primo Ministro israeliano, carica che resse dal 1999 al 2001 è ridotto, coi dispersi rimasugli di quello che fu il laburismo ebraico, a reggere la candela all'ammucchiata di conservatori ultranazionalisti, fondamentalisti talmudici e razzisti attualmente al potere a Tel Aviv; infatti durante un suo intervento all'Università di Ramat Aviv l'ex ufficiale di Stato Maggiore e attuale Ministro della Difesa é stato letteralmente "bombardato" di fischi e slogan contro le aggressioni israeliane contro la Palestina e le sue politiche di Apartheid contro i suoi abitanti.

"Assassino dei bambini di Gaza" é stato uno degli epiteti meno irriferibili lanciati all'indirizzo del povero Ehud, che oltretutto si é anche visto alzare contro cartelli e placard che riportavano le immagini delle vittime straziate dei bombardamenti che, d'accordo con Ehud Olmert e Tzipi Livni, ordinò di scatenare contro la Striscia proprio in questi giorni, due anni esatti fa.

Appellativi quali "Bugiardo" "Assassino" e "Mercante di paura" sono stati via via gridati al suo indirizzo, prima che la security del Ministro entrasse in azione e, coi consueti metodi fascisti, allontanasse a forza i dimostranti, che esprimevano senza minacce o atteggiamenti aggressivi la loro riprovazione per l'esponente di quello che dovrebbe essere un partito progressista e di Sinistra.

Interrogato dai rappresentanti dei media dopo la conclusione del suo discorso, terminato davanti a un uditorio molto più rarefatto, Barak, un po' con prosopopea, un po' con l'ingenuità di coloro che evidentemente non sono abbastanza intelligenti per trarre conclusioni da fatti appena accaduti ha dichiarato: "Sono l'ultima persona che senta il bisogno di scusarsi, verso chiunque".

Perfetto.

I volontari asiatici confermano: "L'Egitto ci ha chiesto tangenti per permettere il passaggio del convoglio"


L'emittente satellitare iraniana PressTV, intervistando alcuni membri della Carovana di solidarietà asiatica per Gaza, attualmente impegnati in una visita di quattro giorni che li porterà a contatto diretto con le devastazioni del "pogrom" militare scatenato da Israele esattamente due anniu fa, ha raccolto la dirompente testimonianza che, esattamente come supposto sulle pagine di 'Palaestina Felix', vi sia stata una richiesta di "bustarelle" dietro gli intoppi burocratici che hanno bloccato per diversi giorni il cammino del convoglio, impedendone il programmato arrivo a Gaza nel secondo anniversario di "Piombo Fuso".

La corruzione del regime di Mubarak, del resto, é leggendaria: non passa anno senza che il Paese delle Piramidi non figuri con rilevanza nell'indice pubblicato da Transparency International (nell'ultimo anno il tasso di corruzione rilevata ha avuto addirittura un balzo di tre decimi, passando dal punteggio di 2.8 a 3.1); ma il potere di ricatto dei manutengoli del "faraone" gradito a Stati Uniti e Israele non si é ancora esaurito, visto che una parte delle derrate trasportate dalla Carovana di solidarietà asiatica sono ancora stoccate presso banchine e magazzini del porto di Al-Arish, fonti semi-ufficiali egiziane avrebbero minacciato di confiscare tali materiali e spedirli in Israele, in modo che sia lo Stato ebraico a decidere cosa possa o non possa entrare a Gaza.

E' ovvio che le autorità sioniste non farebbero entrare nulla o quasi, ed é altrettanto ovvio che l'unica maniera di prevenire tale azione da parte egiziana sarebbero emolumenti monetari fatti sottobanco ai vari burocrati delle autorità portuali e doganali.

In uno sviluppo parallelo ma non direttamente correlato il fondatore di Hamas e membro del comitato politico Mahmoud al-Zahar, ringraziando gli sforzi e i sacrifici dei volontari asiatici ha lanciato un appello perché sempre più organizzazioni internazionali mandino spedizioni di volontari verso Gaza, in maniera da mettere in crisi la politica di strangolamento economico di Israele, vera e propria punizione collettiva volta a umiliare e schiacciare la volontà degli abitanti di Gaza.

mercoledì 5 gennaio 2011

Moqtada al-Sadr torna definitivamente in Irak, accoglienza entusiasta a Najaf


Sayyed Moqtada al-Sadr é rientrato dall'Iran questo pomeriggio in patria, dove ha ricevuto una trionfale accoglienza dai suoi seguaci e sostenitori riunitisi per l'occasione a Najaf; la comunità sciita irakena, la cui importanza é ormai in costante ascesa in tutti i settori della vita pubblica (politica, sociale ed economica) dopo gli anni di costrizione dovuti alla preminenza degli elementi sunniti legati al clan di Saddam Hussein prima e ai fantocci dell'occupazione militare angloamericana poi ha celebrato il rientro del giovane leader religioso con tutto l'entusiasmo del caso.

Era l'una, ora italiana (le tre a Bagdad), quando Moqtada al-Sadr, figlio del Grande Ayatollah Mohammed Sadeq al-Sadr, rispettato teologo sciita a sua volta, capo del "blocco sadrista" che é blocco principale dell'Alleanza nazionale irachena (159 seggi su 325) e che controlla gli strategici ministeri dell'Edilizia, delle Risorse idriche, del Turismo e dell'Archeologia, dello Sviluppo, del Lavoro e del Welfare (più un Ministero senza portafoglio), capo di una milizia che vuole ripetere in Mesopotamia la vittoriosa Resistenza di Hezbollah, definito dalla scrittrice e commentatrice anti-imperialista Naomi Klein come "Il più grande e pericoloso ostacolo per i piani statunitensi di dominio dell'Irak", al-Sadr sembra avere tutte le carte in regola per dominare il palcoscenico politico iracheno per molti decenni a venire.

Moqtada, infatti, é riuscito a volgere a proprio vantaggio l'elemento della giovane età che, all'indomani dell'invasione e dell'occupazione del suo paese sembrava dovergli precludere le luci della ribalta (nell'Islam sciita infatti é molto raro per un aspirante leader vedere premiate le sue ambizioni se ha meno di 50 anni), a tutto vantaggio dell'anziano e canuto Ayatollah Ali Sistani.

Ora, nell'ottavo anno di occupazione straniera, molti iracheni ritengono che la linea attendista e moderata di Sistani sia perdente e poco dignitosa e che al contrario l'insurrezione dell'Esercito del Mahdi (la milizia Sadrista) abbia segnato il punto di svolta e di riscossa dell'onore nazionale, non soltanto per la maggioranza sciita, ma per tutti gli iracheni. Rafforzato nelle sue credenziali religiose da quattro anni di studio nella città sacra di Qom, al-Sadr ha potuto incontrare Ali Sistani in serata per quello che molti interpreteranno come un virtuale "passaggio delle consegne", dal leader di ieri a quello di domani ed oltre.
Il santuario di al-Musumeh, a Qom, dove Moqtada ha vissuto e ha studiato dal 2007 ad oggi.
La visita a Sistani é venuta terza in una scaletta che ha prima previsto l'omaggio alla tomba dell'Imam Alì, radice storica dello sciismo duodecimano, e quello più personale (ma a sua volta anche religioso e politico) al sepolcro del padre Mohammed, che dal 1991 prese a organizzare attorno a sé un primo nucleo di sciismo politicizzato in opposizione al regime sunnita di Saddam Husssein, che lo fece uccidere il 18 febbraio 1999 in un agguato in cui perirono anche due fratelli di Moqtada. Mohammed al-Sadr sapeva di essere nel mirino, tanto che durante la sua ultima predica del venerdì, prima di venire colpito, aveva indossato pubblicamente il sudario, dichiarando a tutti di essere pronto al sacrificio.

Ora Moqtada, già insignito del titolo di "Hujjat al-Islam", (Segno dell'Islam), solo un grado al di sotto di quello di Ayatollah, sembra in grado di riuscire nello scopo che le pallottole dei sicari preclusero al padre.

In memoria di Abu Maher, fondatore del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina


Ahmed Hussein Al-Yamani, noto anche con la kunya 'Abu Maher' era nato a Suhmata, vicino ad Akka, il 24 settembre del 1924, dopo avere compiuto gli studi primari nel villaggio natio, si era spostato a Safed, poi ad Akka e infine a Gerusalemme, dove si diplomò con onore presso il locale Collegio arabo. Sposatosi poco dopo, lavorò per il Dipartimento dell'Agricoltura e quello dei Lavori pubblici ad Haifa sotto l'amministrazione mandataria inglese.

Con l'arrivo della Nakba e la distruzione della società palestinese a opera degli invasori sionisti visse una personale odissea che lo portò a perdere e ritrovare la propria famiglia e ad avere parecchi incontri ravvicinati con la morte, riuscendo finalmente a ricongiungersi coi suoi cari in terra libanese, al di là dell'artificioso confine tracciato dai colonialisti Sykes e Picot, ma provando sempre vivo e bruciante nel proprio cuore il richiamo a lottare e impegnarsi perché al popolo palestinese potesse venire restituito ciò che ai briganti sionisti era riuscito temporaneamente di strappargli.

Convinto sostenitore del ruolo dell'Educazione e dello studio per formare il combattente, il lavoratore e il cittadino del domani, Al-Yamani diresse diverse scuole a Baalbek, Ein el-Helweh e Bur al-Burajneh, senza tralasciare però i doveri più immediati nell'organizzazione di una efficiente struttura di Resistenza, che lo videro attivo dapprima nel Movimento nazionalista arabo e in seguito a fianco del Dottor George Habash come membro fondatore del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina.


Presente alla prima conferenza del Fronte, membro del Comando Centrale, membro di spicco del Comitato centrale e del Politburo dell'organizzazione, divenne Segretario del Fronte del Rifiuto che già negli anni '70 aveva intuito come ogni opzione di "dialogo" con lo Stato sionista si sarebbe in realtà risolta in una sconfitta per le aspirazioni e i diritti dei Palestinesi.

Oggi il Fronte Popolare tutto, i militanti della Resistenza di qualunque setta e fazione, il popolo palestinese e tutti gli arabi, i socialisti e i marxisti onorano la memoria del compagno Abu Maher, che ha speso un'intera vita, fino all'età di 87 anni, dedicandosi a organizzare la liberazione della Palestina e la realizzazione di una vera democrazia sotto gli auspici del Socialismo e del Marxismo-Leninismo per tutti i suoi abitanti.

Rispettato da tutti gli altri leader della Resistenza palestinese, faceva "infuriare" Arafat ogniqualvolta presenziava alle riunioni del Comitato esecutivo dell'OLP, perché ad Arafat piaceva tagliare corti i dibattiti con le lusinghe o le minacce e nessuna di queste avevano mai presa su di lui. Durante l'aggressione sionista al Libano nel 2006 girava per Beirut in bicicletta, perché sosteneva che la benzina andava lasciata ai combattenti che difendevano il paese. Colpito da un infarto letale nella giornata del 3 gennaio 2011, Ahmed Hussein Al-Yamani, detto anche "Abu Maher", ha ricevuto le sue esequie oggi, 5 gennaio, nella città di Beirut, sua seconda patria. In una intervista del 2007 egli così riassumeva l'esperienza della Resistenza araba e palestinese; citiamo le sue parole perché siano di sprone ai militanti e di ammonimento ai parassiti e agli occupanti:

"La storia araba si ripeterà e la Nazione araba riconquisterà e libererà la Palestina dal Fiume al Mare, il passato ci é maestro e noi sappiamo che una grande figura guiderà questa riconquista come accadde con Salah ed-Din contro gli invasori crociati; i fascisti sionisti saranno sconfitti e con loro i loro alleati e sodali anglo-americani e le altre potenze imperialiste e colonialiste, la Palestina, con la sua storica ed eterna capitale, Gerusalemme, diventerà l'Asse portante di un movimento storico che coinvolgerà tutto il Medio Oriente e il Mondo arabo".

A Gerusalemme la giudaizzazione forzata non conosce soste: abbattuta la prima casa palestinese del 2011!


I bulldozer israeliani hanno demolito una casa palestinese a nord della zona di Shaik Jarrah, a Gerusalemme Est; é stata la prima demolizione del 2011, l'ennesima da quando i prianificatori sionisti della "pulizia etnica" hanno deciso di giudaizzare a forza la Città Santa. Dotata di una sua storia millenaria, sacra per le tre grandi religioni abramiche, Gerusalemme era stata divisa dall'ONU tra la parte ovest israeliana e la parte est palestinese, quest'ultima venne annessa dallo Stato sionista in seguito all'aggressione a tradimento del 1967.

Per la loro prima demolizione dell'anno le forze di occupazione israeliane hanno fatto una vera e propria passerella d'onore, presentandosi in forte numero e con grande dovizia di mezzi per circondare e tenere sotto controllo la famiglia Siyam, legittima proprietaria dello stabile, mentre questo veniva distrutto.

Il capofamiglia ha detto ai media che la demolizione segna la conclusione di una battaglia legale durata quasi sette anni con la burocrazia sionista. I permessi edilizi infatti vengono volutamente rilasciati con molta difficoltà e per scadenze brevissime; quando attorno al 2004 il signor Siyam non riuscì a rinnovare il proprio capì che Israele aveva messo gli occhi sulla sua casa e intendeva distruggerla.

Ridotti allo stato di senzatetto i Siyam saranno probabilmente costretti a lasciare Gerusalemme e a doversi trasferire nei Bantustan dove Israele ha intenzione di rinchiudere i palestinesi: baraccopoli fatiscenti prive dei servizi più essenziali (elettricità, fognature, acqua corrente, gas metano, strutture scolastiche), previamente circondati da recinti e barriere in maniera da impedire la loro crescita, collocati nelle zone più isolate e disagiate della Cisgiordania, di cui lo Stato ebraico si sta peritando di rubare e occupare illegalmente le zone più fertili e produttive tramite l'erezione dell'infame "Muro dell'Apartheid" e di altre barriere che spezzettano e sfilacciano il tessuto sociale, economico e abitativo delle terre palestinesi.

Smentiamo le menzogne dei filosionisti che cercano di infangare la memoria della martire Jawaher Abu Rahmah



Il video soprastante riporta le commoventi immagini del funerale di Jawaher Abu Rahma, la martire palestinese uccisa dalle forze di occupazione sioniste che hanno sparato contro una pacifica manifestazione di civili che protestavano contro l'estensione al villaggio di Bi'lin dell'infame "Muro dell'Apartheid" una tale concentrazione di gas da causare alla donna un collasso cardiocircolatorio.

Siccome i vigliacchi sostenitori dello Stato ebraico non sanno prendersi le responsabilità delle loro violenze e dei loro omicidi il cadavere della Abu Rahma era stato da poco interrato a fianco di quello del fratello Bassem (a sua volta ucciso da Israele durante una protesta pacifica) che subito é iniziata una velenosa campagna di disinformazione e menzogna tesa a dimostrare che la morte di Jawaher non era stata causata dal gas e che lei non si trovasse nemmeno a Bi'lin quando é morta.

Ascaro fedele della causa dell'Apartheid in Italia si é fatto uno spregevole e riprovevole individuo che sotto il nick di 'hurricane53' inquina il cyberspazio con una sorta di blog tutto all'insegna dell'esaltazione del razzismo, dell'islamofobia, e del sostegno acritico e supino dell'occidentalismo violento, della propaganda militarista made in usa, del filosionismo più becero e bigotto.

Costui ha avuto il coraggio di postare su OKNOtizie (il portale di social news legato a Telecom) una 'news' inventata di sana pianta da lui stesso (quando non si hanno appigli per i propri deliri conviene darsi da fare da soli, pratica a cui siamo certi egli abbia letteralmente "fatto il callo") dove pretenderebbe di chiamare in causa un fantomatico "ufficio stampa" dell'ANP, omettendo di menzionare come l'ANP, dal 2007 egemonizzata dagli ascari filo-israeliani di Fatah, sia ormai il "contractor" preferito di Israele per persecuzioni e incarcerazioni ai danni dei Palestinesi, quindi tutto meno che un'organizzazione che abbia interesse a sostenere le proteste popolari contro l'Apartheid.

Per confutare direttamente i deliri di hurricane53 e di tutti coloro che potrebbero essere tentati di dargli retta linkiamo qui sotto l'attivista israeliano Jonathan Pollak e il medico gerosolimitano Daniel Argo, entrambi presenti alla manifestazione di Bi'lin e fatti a loro volta segno del lancio di gas urticanti, confermano e testimoniano di aver visto Jawaher alla dimostrazione e di aver visto il suo corpo portato via in ambulanza dopo aver subito il collasso cardiaco.



Questo per dimostrare che i sionisti e i loro "amici" prezzolati sono in grado solo di spargere menzogne e veleno, e continueranno a farlo, perché non conoscono il valore della verità e della dignità.

martedì 4 gennaio 2011

Immagini esclusive della visita a Gaza dei volontari asiatici

I volontari della Carovana di solidarietà "Asia to Gaza" sono accolti nell'ospedale principale della Striscia
 
Fra di essi c'é un volontario molto giovane, che ha accompagnato nel lungo viaggio i suoi genitori.

Al bambino viene mostrato come le attrezzature mediche che ha contribuito a portare nella Striscia assediata miglioreranno la vita di una sua coetanea, rimasta gravemente ferita nell'attacco israeliano di due anni fa.

Nonostante gli sforzi del Governo palestinese e delle Ong internazionali, la situazione sanitaria di Gaza rimane molto grave, a causa dello spietato strangolamento imposto da Israele.

Cerimonia ufficiale di ringraziamento per le delegazioni asiatiche.

Il Primo Ministro di Gaza, Ismail Haniyeh, fa gli onori di casa.



Leader musulmano israeliano dichiara: "Sosteniamo i prigionieri che rifiutano il cibo da oltre un mese"


Lo Sceicco Raed Salah, capo del Movimento musulmano in Israele, ha dichiarato che la sua organizzazione e diverse altre Ong arabe e palestinesi si stanno applicando "con ogni mezzo" per monitorare le condizioni dei prigionieri ridotti in fin di vita dallo sciopero della fame con cui stanno protestando contro le crudeli e arbitrarie carcerazioni inflitte loro dagli Ascari di Fatah, che controllano la West Bank dopo il fallimento del loro tentato Colpo di Stato contro il legittimo Governo palestinese.

Il logo storico di Fatah...
Lo Sceicco Salah ha rivelato al Centro palestinese per l'informazione che una delegazione del Movimento dei Cittadini arabi di Israele ha visitato il detenuto rimasto a Betlemme (Wael Said al-Beitar) e in seguito quelli recentemente trasferiti ad Al-Khalil (Ahmed Mohammed Yusri al-Uwaywi, Majd Maher Abid, Muhammad Mahmoud Neiroukh, Wisam Azzam al-Qawasama); essa ha potuto verificare che le condizioni di salute degli scioperanti, per quanto gravi, sono stabili, e sono presenti misure mediche di emergenza da prendere se vi fosse un improvviso aggravamento.
...e quello proposto da un vignettista arabo per sostituirlo!

I quattro di Al-Khalil, per 'festeggiare' la visita della delegazione hanno accettato di sorbire latte mischiato con acqua e hanno promesso che, se anche Wael Said al-Beitar verrà trasferito da Betlemme e li raggiungerà, celebreranno tutti insieme bevendo del latte non annacquato. Lo Sceicco Salah ha dichiarato la propria convinzione che questa visita non sarà l'ultima e che richieste sempre più pressanti stanno raggiungendo il 'governo' di Salaam Fayyad affinché venga incontro alle richieste dei prigionieri.