sabato 9 aprile 2011

Uccisi due membri delle Brigate al Qassam in un raid notturno su Rafah


Fonti mediche della Striscia di Gaza hanno rivelato che un Comandante delle Brigate Ezzedine al-Qassam, braccio militare di Hamas, é stato ucciso nell'ennesimo attacco israeliano nella notte tra venerdì 8 e sabato 9 aprile.

Un velivolo dell'aviazione sionista ha lanciato un razzo anticarro in una strada di Rafah, nel Sud della Striscia, distruggendo l'automobile dove stavano viaggiando Tayseer abu Sunaima e il suo collaboratore Mohammed Awaja. Un terzo membro di Al-Qassam, Shadi al-Zatma, sarebbe rimasto seriamente ferito nella deflagrazione.

Con questo nuovo vigliacco 'raid' le vittime da giovedì a oggi tra gli abitanti di Gaza salgono a 16 e i feriti a 65.

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Le Brigate Qassam rispondono colpo su colpo all'escalation israeliana con razzi e mortai


E' continuata lungo tutto il pomeriggio e la prima serata di ieri la rappresaglia delle Brigate al-Qassam contro Israele, in risposta e reazione ai numerosi attacchi che, in appena due giorni, hanno lasciato sul terreno oltre dieci vittime palestinesi e più di sessanta feriti.

Al contrario del celebre "esercito più im-morale del mondo" Al-Qassam ha concentrato i suoi sforzi contro legittimi obiettivi militari: basi delle forze armate sioniste e insediamenti e accampamenti dei coloni fanatici ebrei che fanno da milizia armata per i piani di annessione e giudaizzazione della Palestina.

Alle 16.30 di ieri le Brigate Qassam hanno lanciato sei razzi e tre colpi di mortaio contro strutture militari israeliane a Est di Rafah, mentre cinquanta minuti più tardi, alle 17.20, altrei tre colpi di mortaio hanno raggiunto la base militare di Sofa.

Questi ultimi si sono aggiunti allo sbarramento di razzi che aveva già colpito e danneggiato sensibilmente sofa meno di 24 ore prima, il 7 aprile.

Alle 19.10, infine, altri 3 colpi di mortaio hanno raggiunto obiettivi dell'intelligence militare israeliana all'interno della base di Karem abu Salem.

"Le Brigate al-Qassam si assumono l'intera paternità e responsabilità di queste missioni, asserendo la loro prontezza e preparazione a rispondere puntualmente a ogni aggressione israeliana contro Gaza e il suo popolo, con ogni mezzo necessario".

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Scontri in Irak fra forze governative e i famigerati MKO, militanti anti-iraniani, si riportano vittime


E' stato un venerdì di scontri con feriti e vittime quello che si é avuto ieri nei dintorni di Ashraf City, grande accampamento a Nord-Est della cittadina di Khalis, dove il famigerato movimento MKO (mojāhedin-e khalq-e irān), responsabile di numerosi attacchi, raid e attentati contro la Repubblica iraniana ha concentrati i propri aderenti e militanti. L'Agenzia France Presse ha riportato che circa due ore dopo la mezzanotte forze irakene hanno iniziato a schierarsi attorno all'area, partendo dal cimitero, venendo quasi immediatamente in contatto con elementi ostili provenienti da Ashraf City vera e propria.

Parlando in una conferenza-stampa tenutasi a Baqouba, capitale provinciale di Diyala, il Maggiore Hassan al-Tamimi dell'Esercito irakeno ha dichiarato che, nel corso di diversi 'round' di scontri si sono lamentati tre morti e 27 feriti, di cui 14 membri del MKO e 13 soldati. Diverse le cifre comunicate dai militanti, che parlano di 31 morti e 300 feriti, caduti o colpiti durante "un assalto" delle forze regolari.

Più di una volta negli ultimi mesi il Governo irakeno aveva espresso la sua intenzione di forzare l'organizzazione ad abbandonare il suo territorio, dal quale, nel corso degli ultimi 30 anni, ha lanciato numerose campagne di aggressione e attentati verso l'Iran, ingraziandosi di volta in volta i detentori del potere politico, dai Generali Salam e Rahman Arif, al Presidente Al-Bakr, da Saddam Hussein agli occupanti americani, proponendosi sempre come utile 'pedina' anti-iraniana.
Izzat "Re di Fiori" Ibrahim al-Dhouri, vice di Saddam Hussein, aveva tra le sue prerogative anche il controllo delle attività anti-iraniane del movimento MKO.


Fino all'inizio del ritiro americano ordinato dal Presidente Obama erano le forze armate Usa a garantire la sicurezza di Ashraf City, che era costantemente circondata da un cordone di truppe e letteralmente interdetta alle forze irakene. Da quando la situazione é cambiata Bagdad ha dichiarato a più riprese di non ritenersi vincolata da alcuno 'status quo' precedente e di non poter tollerare la presenza di una 'zona franca' occupata da un gruppo armato sul suo territorio.

(Massoud Rahavi, leader del MKO, accolto fraternamente da Saddam Hussein nel 1986)

Il Primo Ministro Nouri al-Maliki e il suo consulente per la comunicazione Ali Mussawi hanno recentemente dichiarato a rappresentanti dell'UE: "Prendetevi i 'vostri' Mujahedin del Popolo e portateveli dove volete, l'Irak non può tollerare più a lungo la loro presenza, che rende difficili e tesi i nostri rapporti con gli stati confinanti".
Con l'operazione "Luce Eterna" Saddam Hussein provò a usare il MKO per prolungare le ostilità contro l'Iran nel 1988 anche dopo che Khomeini aveva accettato la Risoluzione 598 dell'ONU per il cessate il fuoco. L'operazione venne contenuta e sconfitta dagli iraniani in pochi giorni.
In una dimostrazione pratica dei bizantinismi e delle strane liason e partnership che sono pane quotidiano della travagliata arena politico-strategica mediorientale l'organizzazione dei Mujahedin e-Khalq, fondata su una piattaforma di 'socialismo islamico' ispirata alla figura e alla politica di Mohammed Mossadegh (il Primo Ministro iraniano spodestato da un Colpo di Stato anglo-americano) si é via via trasformata, per convenienza e opportunismo politico, in un'agente dello stesso imperialismo statunitense e occidentale che era nata per combattere e contrastare: venuto ai ferri corti con la leadership di Teheran dopo la rivoluzione iraniana del 1979 si trasformò nella 'longa manus' di Saddam Hussein (allora sostenuto da Usa e Francia) durante la guerra Iran-Irak, gli fornì truppe ausiliarie per reprimere le insurrezioni curde e sciite nella seconda metà degli anni '80 fino al 1991 e, subito dopo l'invasione del 2003, vide le sue forze e i suoi asset trasferiti dallo storico "compound" di Fallujah a Camp Ashraf, a 60 Km a Nord di Bagdad, nella provincia centrale di Diyala.

Gli scontri di ieri sono la seconda occasione in due anni (la prima si ebbe il 29 luglio 2009) in cui il Governo irakeno tenta di 'sloggiare' i Mujahedin del Popolo dalla loro roccaforte di Ashraf.


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Le Brigate al-Qassam rispondono al fuoco: colpito bus di coloni nell'insediamento illegale di Sa'ad


Secondo quanto riportato dal sito web delle Brigate Ezzedine al-Qassam, ala militare del Movimento di Resistenza Hamas, la reazione palestinese ai numerosi attacchi aerei, navali e di artiglieria che in poche ore hanno aggravato di dieci unità il già tragico bilancio di vittime di settimane di attacchi israeliani alla Striscia di Gaza non si é fatta attendere e, in barba alle molte fanfaronate dell'Hasbara filosionista, ha provato quanto fallace sia la speranza dei generali di Tel Aviv di 'intercettare' i colpi di rappresaglia lanciati dalle milizie palestinesi tramite il costoso, complicato e cevellotico sistema 'Iron Dome'.

Questo, collocato sul perimetro dell'enclave costiera nelle scorse settimane, ha fallito clamorosamente nel suo scopo di far dormire sonni tranquilli ai violenti e fanatici coloni ebrei militarizzati che coi loro insediamenti illegali serrano da presso la Striscia e danno pretesto allo Stato ebraico di 'interdire' (quindi di occupare in vista di una futura annessione) terre palestinesi con la scusa di dover creare una 'fascia di sicurezza' attoarno alle colonie.

Ma se non vi fossero colonie, non vi sarebbe bisogno di alcuna 'fascia di sicurezza'.

Membri della Resistenza palestinese hanno fatto segno l'insediamento ebraico illegale di Sa'ad di un intenso fuoco di mortai, i cui colpi, fra gli altri obiettivi centrati, hanno danneggiato un pullman che percorreva una "strada dell'Apartheid", un'arteria di comunicazione tra colonie il cui uso e l'accesso alla quale é severamente interdetta agli abitanti arabi di Israele, nell'ambito della vasta gamma di provvedimenti discriminatori e razzisti su cui si basa l'etnocrazia dello Stato ebraico. Due coloni sono stati feriti dalle detonazioni e dalle schegge dei proiettili e, in seguito all'intervento di sanitari della Stella di Davide Rossa, sono stati tradotti al più vicino ospedale.

Al contrario di quanto accade quando a colpire e a bombardare sono i membri del famigerato "esercito più (im)morale del mondo", i militanti palestinesi non hanno proseguito lo sbarramento durante l'azione delle squadre di soccorso, permettendo il recupero e l'evacuazione dei feriti.


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Gaza piange e onora i suoi morti, mentre Israele uccide altri tre civili


Migliaia di persone hanno preso parte ai funerali delle vittime dei bombardamenti e degli attacchi israeliani che, durante la giornata di ieri, hanno sconvolto la Striscia di Gaza, lasciando sette cadaveri sul terreno.

A Rafah, nell'estrema punta meridionale dell'enclave palestinese assediata da Israele, i corpi martoriati di Saleh at-Tarabeen (38 anni), Khaled Ad-Dyiari (33 anni), Mohammad al-Mahmoum (25 anni) e Musab as-Sufi, appena diciottenne, sono stati portati dalla camera mortuaria dell'Ospedale An-Najjar verso le loro case, dove parenti e amici hanno dato loro l'ultimo addio, e quindi al Cimitero dei Martiri, dove sono stati collocati a riposare.

A Khan Younis, sempre nel Sud della Striscia, i cadaveri di Abdallah al-Qara e Mutez abu Jameh (di 20 e 23 anni rispettivamente) sono stati tradotti dall'Ospedale Nasser alle loro case e quindi al cimitero cittadino per la sepoltura.

A Gaza City, il corpo del cinquantenne Mahmud al-Manasreh, ucciso nella sua stessa abitazione da una cannonata esplosa da un carro armato israeliano, é stato direttamente portato dalla morgue dell'Ospedale As-Shifa al cimitero, visto che la sua casa é stata quasi totalmente distrutta dal proiettile dirompente da 120 millimetri.

Le ultime vittime di ieri, Talal abu Taha, di cinquantacinque anni e Najah Qudieh, di quarantacinque e la loro figlia Nedal, di ventuno anni, che sono invece stati uccisi da Israele nella giornata di oggi, verranno tumulati a Gaza entro domattina.

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venerdì 8 aprile 2011

Arriva 'Hasbara TV', canale satellitare di propaganda filoisraeliana, ma non bastavano già CNN, FOX, SKY, BBC, RAI, Mediaset...???


Le comunità ebraiche che più da presso e con più rigore si allineano supine ai dettami del razzismo sionista dell'Apartheid e del militarismo aggressivo "made in Tel Aviv" hanno annunciato, nel corso di un recente summit mondiale tenutosi a Washington (ma guarda un po'...) la loro intenzione di fondare e promuovere un canale satellitare dedicato al 100 per cento all'Hasbara, la ridondante e pervasiva propaganda filo-israeliana.
Chissà se su 'Hasbara-TV' faranno i cartoni di 'capitan israele'???
Proprio quello di cui si sentiva il bisogno! Come se non fosse praticamente impossibile accendere il televisore o comprare un quotidiano in edicola senza venire letteralmente investiti da marosi di propaganda filosionista, che, in un tonitruante crescendo di disonestà intellettuale, razzismo, islamofobia, colonialismo da operetta, esaltazione della forza come strumento principe del Diritto internazionale, ci presentano Israele alternativamente come super-iper-potenza tecnologica e militare, ma anche come povero e sperduto stato dei 'sopravvissuti dell'Olocausto', perennemente in pericolo di soccombere di fronte alle fanatiche orde nazi-islamiche, armate ora di sassi e scimitarre ricurve, ora di gas nervini e bombe al plutonio.
L'agitatore sionista Jabotinsky si baloccava a creare e indossare uniformi nazistoidi, indizio pognante della sua personalità e delle sue inclinazioni.
Lo strabismo hasbarico non deve soprendere, diceva Umberto Eco nel suo saggio sulle caratteristiche definenti del Fascismo (Ur-Fascismo) che i regimi Fascisti si dipingono sempre come superforti, in omaggio alla loro retorica virilista e guerriera, ma anche come superdeboli, per spronare il militante a profondersi totalmente nella difesa della Causa minacciata, quindi, giocoforza, i loro nemici devono anche saper diventare all'occorrenza 'superdeboli', macchiette tragicomiche destinate all'eterna sconfitta come i cattivi di un cartone animato, ma anche 'superforti', mostri di arcane e sleali capacità, contro cui ogni bassezza, ogni viltà é permessa, giacché altrimenti trionferebbero con le loro maliziose risorse.

Era la stessa maniera in cui, del resto, il gran maestro dell'Hasbara nazista, Julius Streicher, raffigurava "Die Juden" sul suo vergognoso giornalino antisemita "Der Sturmer", contemporaneamente degenerati e inarrestabili; nello stesso modo oggi i battitamburo della propaganda sionista dipingono i sostenitori della causa palestinese. Il barometro hasbarico di oggi ci dà 'superforti', quindi bisogna creare una televisione anti-palestinese, anti-araba, sionista e islamofoba al 100% per "calmierare" una situazione sinceramente squilibrata a sfavore di Israele.

Infatti non é affatto vero che l'informazione televisiva in occidente sia controllata quasi totalmente da personalità legate a Israele o al sionismo, nient'affatto (e se lo pensate o credete di averne le prove siete degli inguaribili ANTISEMITI!!).

Per 'riparare' ecco alla riscossa il settimo cavalleggeri hasbarici, guidato per l'occasione da Aleksander Machkevitch (foto sopra), che ha presieduto la Conferenza annuale dei Leader di Comunità ebraiche, durante la quale si é deliberato di lanciare la creazione di un canale satellitare di propaganda filoisraeliana, che tamponi "i gravi danni di immagine subiti da Israele" (se ne sono resi conto?) e le "macchinazioni mendaci e la propaganda anti-israeliana", il tabloid sionista Maariv riporta che l'emittente dovrà trasmettere in Inglese, Francese, Spagnolo e Arabo (quest'ultimo canale evidentemente sarà totalmente dedicato a un pubblico masochista).
Hajo Meyer, sopravvissuto ad Auschwitz, si dedica da anni a  'macchinazioni mendaci e propaganda anti-israeliana'


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Fatah inquisisce Mohammed Dahlan e il Curdo Rashid per i loro traffici con Israele e Gheddafi, l'imputazione? Essersi fatti scoprire!


"Quel che é troppo é troppo!", devono esserselo detto anche a Fatah, la fazione palestinese golpista che dal 2007 controlla la Cisgiordania in spregio dei risultati delle regolari e democratiche elezioni legislative in Palestina: "passi" disconoscere un voto regolare e cercare di togliere ad Hamas il potere con l'arbitrio delle armi, "passi" organizzare retate, detenzioni e torture che nulla hanno da invidiare a quelle sioniste contro la popolazione della West Bank, "passi" trasformare un'organizzazione di Resistenza e guerriglia contro l'occupazione in un manipolo di gendarmi coloniali asserviti all'eterno nemico della Causa nazionale palestinese, ma trafficare armi israeliane destinate a sostenere l'idrofobo e agonizzante regime tripolino di Gheddafi era sinceramente un po' troppo da mandar giù.

O meglio, puntualizziamo, lo é improvvisamente diventato quando, grazie alle rivelazioni del dissidente libico Omar El-Khadraoui al quotidiano algerino "Ech Chourouk" il racket internazionale pro-Gheddafi organizzato dall'ex 'zar' delle forze di sicurezza di Fatah, Mohammed Dahlan, e dal curdo Mohammed Rashid (già consulente economico presso la Presidenza dell'Anp) é divenuto oggetto delle attenzioni e dei commenti dell'opinione pubblica internazionale.

Il Comitato centrale dell'organizzazione fondata da Yasser Arafat, dopo qualche tentennamento e traccheggiamento, ha comunicato di avere aperto un fascicolo d'inchiesta riguardo alla questione, ma é quantomeno bizzarro che tale annuncio sia venuto dal massimo organo di un'associazione politica nella quale da una parte Dahlan non ricopre più alcuna carica, essendo stato sospeso "a divinis" per sospetti di complotto contro Mahmud Abbas, all'inizio del 2011 e il Curdo Rashid (foto sotto), a sua volta, non ha mai figurato come membro.

Più senso avrebbe avuto se a indagare fosse stata l'Anp, e non per semplice puntiglio di forma, visto che ad ogni modo Fatah é dal 2007 che Fatah ha invaso totalmente l'organo di 'autogoverno' palestinese svuotandolo di ogni autonomia e trasformandolo in un 'costume' che i suoi burocrati cacicchi indossano quando devono recarsi a 'trattare' con Israele (cioé a inginocchiarsi davanti al padrone della piantagione come tanti bravi Zio Tom) o a mungere qualche milioncino di dollari o di Euro dai "paesi donatori" (che non controllano affatto come poi i loro soldi vengano impiegati), ma perché mostrerebbe che in Cisgiordania esiste comunque una Forza del Diritto, che vige e vale sugli abitanti della regione.

Fatah, che invece si regge solo sul Diritto della Forza, non si é resa conto che questo suo atto rende solo evidente anche ai più cursorii e superficiali osservatori che, nel territorio ad essa soggetto non esista nemmeno la più pallida sembianza di "Rule of Law", e che a una determinata parte politica sia possibile inquisire o perseguitare cittadini di questo o quel gruppo semplicemente in base alle convenienze o al capriccio del caso, come per esempio accade costantemente ai membri e sostenitori di Hamas o di altre organizzazioni di Resistenza.
Perché Fatah ha indagato Dahlan per questo traffico e non, per esempio, per il suo ruolo nell'omicidio di Mamhoud el Mabhouh a Dubai?
Per carità, non ci spiace affatto che Mohammed Dahlan, traditore e assassino della sua stessa gente, passi un brutto quarto d'ora, anzi, ma il fatto che lo passi solo perché é stato 'poco accorto' nel gestire i suoi traffici con Israele e non perché questi costituiscano un'infrazione alle leggi in vigore nella West Bank, ecco, questo, da persone che credono fermamente nella Legge e nella Giustizia (che sono poi i fondamenti della Democrazia), questo ci infastidisce e ci dà parecchio da pensare.

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Riprendono in grande stile gli attacchi terroristici contro Gaza, dal cielo, dalla terra e dal mare!


Non contento delle vittime tra la popolazione della Striscia di Gaza assediata che ha causato con bombardamenti e raid nel corso dell'ultima settimana il Comando delle forze armate sioniste ha scatenato nella giornata di ieri una vera e propria offensiva contro l'enclave palestinese, impiegando artiglieria, forze aeree e persino navali, causando altre cinque morti.

Due morti e venticinque feriti, fra cui diversi in condizioni critiche, si sono avuti a Gaza city, altre due vittime e quattordici feriti a Rafah, nella parte meridionale della Striscia.

Infine un elicottero da assalto Hughes Apache ha investito col fuoco della sua mitragliera M230 da 30 millimetri, progettata per sparare 600-650 colpi al minuto e distruggere i carri armati del Patto di Varsavia, contro il carretto di un ragazzo palestinese che raccoglieva materiale di risulta da impiegare nell'edilizia fra le rovine dell'Aeroporto di Gaza, distrutto dai bombardamenti sionisti e da allora abbandonato.

Gli attacchi si sono susseguiti per circa quattro ore; un raid aereo si é avuto anche presso il campo profughi di Deir el-Balah ma, fortunatamente, in quell'occasione agli attaccanti israeliani non é riuscito di aggravare il bilancio, già tragico, delle vittime civili.


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Ihsanoglu: "La continua espansione delle colonie ebraiche a Gerusalemme Est é atto di guerra contro i Palestinesi!"


Il Professor Ekmeleddin Ihsanoglu, Segretario Generale dell'OIC (Organizzazione della Conferenza Islamica) ha condannato la recente decisione del Governo sionista di dare il nullaosta all'ennesima espansione degli insediamenti ebraici illegali collocati nella parte araba di Gerusalemme (quella orientale) sottoposta ormai da anni a un feroce e continuo processo di giudaizzazione forzata, con le colonie dei fondamentalisti ebrei che si allargano a dismisura.

Ihsanoglu ha dichiarato tale processo un vero e proprio "atto di guerra", un'annessione forzosa portata avanti per mezzo di milizie armate e fanatizzate che ha il solo scopo di intimidire, minacciare e sradicare la presenza palestinese da una città segnata da secoli di storia e cultura araba.

"Simili pratiche, che puntano alla creazione di un 'fatto compiuto' in barba a ogni concetto di Legge internazionale, Risoluzioni ONU e Convenzione di Ginevra, sono corredate da tutta una serie di espropri illegali, confische, assalti, demolizioni e trappole pseudolegali mirate contro gli inquilini, i proprietari e gli affittuari palestinesi di immobili abitativi o lavoratici".

Ihsanoglu ha richiamato l'attenzione del "quartetto internazionale" e dell'opinione pubblica mondiale perché venga imposta a Israele la cessazione di qualunque attività di colonizzazione e insediamento, dapprima a Gerusalemme Est e poi in tutti i territori palestinesi.


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giovedì 7 aprile 2011

Incontro a Damasco tra il Ministro turco Ahmet Davutoglu e Khaled Mishaal, capo di Hamas


Il Ministro degli Esteri turco Ahmet Davetoglu ha annunciato di essersi recentemente incontrato a Damasco con il Leader supremo di Hamas, il Movimento musulmano di Resistenza, e di avere discusso con lui a lungo delle prospettive di riconciliazione nazionale palestinese.

L'incontro tra Davutoglu e Mishaal, secondo l'Agence France Presse, sarebbe avvenuto mercoledì scorso, presso la residenza ufficiale dell'ambasciatore turco in Siria.

Davutoglu, già docente di Relazioni Internazionali all'Università di Marmara, é considerato come il promotore di una vasta strategia geopolitica che ambisce a trasformare la Turchia nel 'volano' di una vasta rete di contatti tra Europa e Medio Oriente, Europa e Asia Centrale, Medio Oriente e Nordafrica e persino Cina e Occidente.

Nei suoi apprezzamenti espressi a posteriori del meeting il capo della diplomazia turca ha detto di ritenere "possibile e fattibile" il raggiungimento di un'intesa fra Hamas e il governo 'de facto' della Cisgiordania, egemonizzato dalla fazione Fatah e centrato a Ramallah.
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UFree annuncia: "Altri 13 Palestinesi, già prigionieri di Mubarak, sono stati liberati dalle carceri egiziane!"


UFree, il Network europeo per il Sostegno ai Diritti dei Prigionieri palestinesi ha accolto con soddisfazione la recente notizia che, in Egitto, tredici palestinesi incarcerati sotto il tirannico regime di Mubarak saranno presto lasciati liberi. L'associazione ha lodato il Supremo Consiglio delle Forze armate egiziane, organo che sta gestendo la complessa e delicata fase di passaggio dall'autocrazia del 'Faraone' filo-Israele e filo-Usa alla democrazia, per la coraggiosa decisione, che pone termine a sofferenze durate negli anni, tanto per i prigionieri quanto per le loro famiglie.

Il Direttore del Network europeo, Mohammed Hamdan, ha dichiarato: "Ci congratuliamo con gli Egiziani per questo passo positivo, che rafforza la relazione profonda e solida tra la Palestina e il loro paese e porta avanti il cammino comune verso la vera stalbilità e la vera sicurezza, che sono quelle fondate sulla Giustizia e non sul supino servilismo alle richieste di potenze straniere". Hamdan ha aggiunto, non senza orgoglio, che é stato proprio UFree a segnalare all'opinione pubblica mondiale il tormento dei prigionieri palestinesi incarcerati da Mubarak, portando alla liberazione di un primo gruppo di detenuti.

Adesso i cancelli delle prigioni di Al-Akrab, Burj al-Arab, Al-Hadra e Al-Kanater si apriranno per altre 13 persone, in attesa che tutti i detenuti per motivi politici, se non colpevoli di altri reati, possano venire liberati e tornare alle loro case e ai loro cari. Attualmente pare che vi siano meno di venti prigionieri palestinesi rimasti in Egitto; tutti gli altri si sono o liberati durante le manifestazioni e le rivolte anti-Mubarak o sono stati liberati dopo la cacciata dell'ex-Presidente.

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Human Rights Watch: "Tagliamo i fondi a Fatah fino a che non smette di arrestare e torturare i Palestinesi!"


Human Rights Watch, l'organizzazione internazionale per il rispetto e il sostegno degli standard internazionali dei Diritti umani ha rivolto un nuovo appello ai 'paesi donatori' di Nordamerica ed Europa affinché vengano inseriti stretti e rigidi standard di controllo per la ricezione degli 'aiuti umanitari' che attualmente vengono riversati sui cacicchi della fazione Fatah che amministrano la Cisgiordania (dal tempo del loro fallito Colpo di Stato contro il legittimo Governo di Hamas) senza alcun principio di accontabilità o responsabilità.

Il risultato assurdo che si é creato é che il Governo legittimato dal democratico e regolare responso delle urne, nella Striscia di Gaza assediata, é sottoposto a ogni genere di limitazione e freno nella sua pur robusta attività riformatrice e di incentivazione della ricerca, del lavoro, della produttività e della cultura nel territorio soggetto alla sua autorità; dall'altra parte una piccolissima casta di burocrati non eletti e non scelti da nessuno occupa abusivamente le ormai cascanti strutture di 'autogoverno' dell'Autorità nazionale palestinese (istituite nel 1994 e che dovevano durare 5 anni, al massimo 10), venendo peraltro letteralmente investita da valanghe di denaro che può spendere e investire come meglio crede senza renderne conto ad anima viva.

Il richiamo al rigore e all'accontabilità é stato lanciato da Joe Stork, responsabile di Human Rights Watch per il Nordafrica e Medio Oriente durante una conferenza stampa convocata a Ramallah per esprimere le 'doleances' dell'organizzazione riguardo il trattamento riservato ai giornalisti dalle 'forze di sicurezza' di Mahmud Abbas e degli altri satrapi e satrapetti. "Fatah dovrebbe inquisire e perseguire tutti i suoi ufficiali coinvolti in episodi di angherie e torture ai prigionieri, fino a quando evitasse di farlo non dovrebbe ricevere un altro centesimo".


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Coraggiosi studenti americani contestano e zittiscono il torturatore e assassino Avi Dichter, ex-capo dello Shin Bet



Dozzine di studenti della Brandeis University, presso Boston, hanno organizzato e messo in atto una riuscita contestazione contro la programmata 'lezione' di Avi Dichter, parlamentare sionista del partito fondato dal macellaio di Sabra e Chatila, a sua volta dotato di un curriculum di assassino di tutto "rispetto", avendo guidato dal 2000 al 2005 l'agenzia di spionaggio interno, repressione, tortura e omicidio denominata 'Shin Bet'.

Sotto la sua guida lo Shin Bet eseguì numerosi omicidi di militanti e leader della Resistenza palestinese, portati a termine senza nessuna pietà o riguardo per le vittime civili, che regolarmente restavano coinvolte nelle esplosioni delle bombe e dei missili che erano lo strumento di assassinio preferito di Dichter e dei suoi sodali; per uccidere Salah Shehada Dichter non esitò a ordinare un bombardamento aereo in un'affollata strada di Gaza, causando la morte di ben quindici persone.

Durante la sollevazione conosciuta come 'Seconda Intifada' o 'Intifada di Al-Aqsa' Dichter diede 'via libera' a una sistematica campagna di sevize e torture contro tutti i Palestinesi abbastanza sfortunati da cadere in mano agli sgherri dello Shin Bet.

"Criminale, ci rivedremo all'Aia!" é stato uno dei molti espletivi lanciati dagli studenti, molti di loro attivisti per i Diritti umani e la difesa del Popolo di Palestina, all'indirizzo di Dichter, nella speranza che, nonostante il lavorio delle potenti e pasciute "Lobby a sei punte" disseminate in tutto il mondo finalmente la comunità internazionale apra gli occhi e cominci a istruire processi e stilare mandati di cattura per i responsabili di atrocità a marca israeliana che oggi, purtroppo, hanno ancora facoltà di girare a piede libero per il mondo e andare a tenere 'lezioni' in atenei compiacenti.


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La Turchia gioca le sue carte in Libia e si allena col "soft power" in attesa di inaugurare il suo 'Secolo asiatico'


L'iniziativa diplomatica turca per addivenire a un accordo tra lealisti gheddafiani e insorti cirenaici ci dice molto di molte cose: dell'aria che spira tra Ankara e Istanbul e di come il Primo Ministro Recep Erdogan e, forse ancora di più il suo Mazzarino con delega agli Esteri, Ahmet Davutoglu, intendono proiettare il morbido potere accumulato dalla repubblica turca in questi anni.

Innanzi tutto: "Come mai proprio un'iniziativa turca?" risposta semplicistica, perché Ankara ha centinaia di milioni di euro investiti in Libia, forse altrettanti che l'Italia, oltre ventimila turchi vivevano e lavoravano in Libia solo che, al confronto di quanto accaduto ai nostri connazionali, costoro sono stati rapidamente evacuati in tutta sicurezza appena le proteste anti-Gheddafi hanno iniziato a farsi violente -mentre il bel gagà della Farnesina annaspava alla disperata ricerca di un'idea su che cosa dire o che cosa fare-; risposta complicata, per quanto fastidioso per gli interessi commerciali e gli investimenti turchi l'impasse libico costituisce, d'altro canto una importante occasione di mettere alla prova il prestigio e il 'clout' internazionale accumulato dal duo Erdogan-Davetoglu, perdipiù in un'arena (l'ex possedimento ottomano) non immediatamente adiacente all'Anatolia, da cui quindi é lecito non aspettarsi eccessivi contraccolpi se qualcosa andasse veramente male.
Ieri gli italiani si vantavano di spaventare i beduini con gli aeroplani nella loro guerra per conquistare la Libia agli Ottomani, oggi non é detto che siano proprio i Turchi a sostituire l'Italia come partner privilegiato della nuova Libia post-Gheddafi.
Attualmente la Turchia condanna i raid Nato e l'avventurismo francese, cerca di mediare tra insorti e lealisti, trasporta container su container di aiuti umanitari, che non comprendono bandierine e striscioni come quelli di Sarkozy, ma la cui provenienza é nota a tutti e molto apprezzata, con ogni carico la consapevolezza del coinvolgimento turco nella crisi aumenta anche a livello popolare e la gratitudine cresce. Gli occhi (e le aspirazioni) del leader dell'AKP e del suo Ministro degli Esteri (già ordinario di Relazioni Internazionali all'Ateneo di Marmara, mica un maestro di sci!) tuttavia, sono già sollevati e fissati su un orizzonte più distante, un traguardo chiamato BRICZaT.

BRICZaT? Già, tra le potenze emergenti del BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) qualche osservatore e commentatore di Geopolitica comincia a inserire anche il Sudafrica (Zuidafrika, in afrikaans) e, a questa estensione, Erdogan e soprattutto Davetoglu vogliono appiccicare un'appendice tronca con la 'T' di Turchia. Ma la Repubblica già di Kemal e dei generali nazionalisti e filo-occidentali, ora portata allo splendore dalla 'democrazia musulmana' dell'AKP, ha veramente le carte in regola per fare tale 'salto di qualità', per proporsi come potenza 'tout court' sull'agone mondiale?

In mancanza di sfere di cristallo funzionanti (rubiamo questa metafora a Miguel Martinez, certi che non se la prenderà troppo...) consideriamo qualche dato...in tre decadi la Turchia avrà probabilmente la quarta o terza economia d'Europa, ben differenziata e forte nel settore manufatturiero, un solido know-how tecnico scentifico, garantito dal crescente livello delle sue università e del suo settore della ricerca, con in più una popolazione superiore a quella tedesca e un esercito forte e moderno, giusto perché non si sa mai. I presupposti, dunque, parrebbero esserci.

Per indovinare, o forse meglio intuire le vie che Ankara potrebbe percorrere nel tentativo di raggiungere quel Radioso sol dell'Avvenir, potrebbe essere utile sfogliare le pagine di un libro di dieci anni fa, pubblicato a Istanbul e intitolato "Stratejik Derinlik: Turkiye'nin Uluslararasi Konumu". L'autore, guardacaso, é proprio Ahmet Davetoglu e traducendo l'intestazione del volume si ha "La Profondità Strategica e la Posizione internazionale della Turchia". Profondità strategica! Ecco un bel concetto foriero di parecchie illuminanti rivelazioni se correttamente interpretato e analizzato.

Nel volume l'autore colloca la Turchia al centro di tre aree sistemate concentricamente: la prima, immediata, comprendente Balcani, Bacino del Mar Nero e Caucaso, la mediana, Mediorientale e Mediterranea di Levante e la terza, più remota, Centrasiatica, Caspica, del Mar Rosso e del Golfo Persico. Nel mondo bipolare della Guerra Fredda la Turchia era monca e muta, non poteva fare altro che montar la guardia al Caucaso armi in mano, temendo il momento i cui i sovietici avessero tentato di forzarsi la via verso Tabriz o verso il Bosforo, ma, in un mondo multipolare a decisa preminenza asiatica la Turchia diventa una valvola vitale nelle relazioni Est-Ovest.

Il Centro di Guerra navale di Annapolis negli Usa sa benissimo che ben sette punti nodali del traffico marittimo passano per paesi musulmani (Dardanelli, Bosforo, Suez, Bab el-Mandeb, Hormuz, Malacca, Sonda e Lombok), di questi ben due sono in mano ad Ankara e, con il crescente prestigio che l'AKP sta acquisendo negli ambienti dell'Islam politico internazionale (essendo il primo e finora unico partito politico musulmano arrivato al potere senza violenza ed essendoci rimasto per oltre un decennio) e il rafforzarsi dei legami tra Turchia e Iran non é detto che almeno due (Suez e Hormuz) e forse altri di questi 'chokepoint' non debbano presto rientrare nella sfera d'influenza turca.

La liason strategica tra Ankara e Teheran potrebbe diventare, all'inizio del XXI Secolo quello che l'Intesa Franco-Tedesca rappresentò nell'ultima parte del Ventesimo, una partnership tra stati-nazione duramente e ferocemente contrastanti per la maggior parte della loro storia (esattamente come francesi e tedeschi), ma capaci, insieme, di dare l'abbrivo a un fantastico processo di stabilizzazione e crescita che si spera abbia maggiore respiro ambizione e solidità dell'illusione unitaria di Bruxelles, naufragata fra egoismi paralizzanti, imbarazzante servilismo verso Israele e Usa, ossessioni liberiste e bancarie che prendono il posto dell'attenzione al Sociale e al Lavoro.

Ovviamente le potenze che vogliono opporsi al decollo economico e politico della Turchia, cioé Washington e Tel Aviv, cercheranno di ostacolare in tutti i modi questa intesa e di frustrare tutti gli sforzi diplomatici e di immagine di Erdogan e Davetoglu, sarà proprio nel rapporto tra le opportunità che si aprono e le minacce legate alle pedine israelo-americane nella regione (l'Arabia Saudita, i curdi del Nord dell'Irak e così via...) che dovrà navigare la leadership di Ankara; a ogni 'colpo di timone' si potrà giudicare quanto la distanza tra il traguardo agognato e la realtà vada aumentando o, di converso, rimpicciolendosi fino eventualmente a sparire.

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